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Vincitore del Premio Pulitzer per la poesia 1993
Nel New England di Louise Glück, l'estate è breve e ogni fiore ha la sua voce, dolce e discreta; la stessa della poetessa, che qui canta caducità ed eternità, bellezza e morte, cura e indifferenza.
«La poesia di Glück ha una vitalità tutta legata all'esperienza, personale e universale: miti, personaggi e topoi della cultura classica o biblica paiono illuminati da una luce soggettiva, e divengono veicolo per tonalità personalissime benché condivisibili. Una poesia assertiva, solida: come è solido e universale un mito di fronte al caos della vita» – Wired
«Nel giardino dell'iris selvatico la poetessa si aggira tra piante e fiori e le voci con cui interagisce sono svariate: l'effetto sorpresa è quello che Glück apprezza di più, "sentire sempre lo stesso suono di me stessa è una dannazione", ha dichiarato. Ed ecco che le voci si alternano, la giardiniera-poetessa, i fiori, Dio, il giardiniere per eccellenza, creatore del primo e indimenticato giardino dell'Eden, di cui tutti i giardini terrestri non sono altro che pallida imitazione, "quando la terra si appannò di petali"» – Alessandro Clericuzio, in Il regalo di una strana lucidità – L'Osservatore Romano
«Nelle cinquantaquattro poesie della raccolta "L'iris selvatico" (1992), la Glück ridona la parola alle piante e ai fiori coltivati nel giardino di casa nel Vermont, che d'altronde costituisce un piccolo specchio oscuro dell'Eden, il Primo Giardino» – Mario Andrea Rigoni, Corriere della Sera
È il tramonto e noi, a occhi aperti, guardiamo un giardino, verde e rigoglioso. Ascoltiamo il suono del vento che agita un campo di margherite. Osserviamo le foglie rosse di un acero: cadono persino in agosto, nel primo buio. Guardiamo laggiù: un bocciolo di rosa selvatica comincia a schiudersi, come un cuore protetto. Nel New England di Louise Glück, l'estate è breve e ogni fiore ha la sua voce, dolce e discreta; la stessa della poetessa, che qui canta caducità ed eternità, bellezza e morte, cura e indifferenza: il flusso del tempo che scorre, il flusso delle emozioni che scorrono sulla nostra pelle, in ogni giorno, in ogni attimo sfuggente della nostra vita.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Una raccolta di poesie delicate come petali ma anche taglienti come steli, accomunate dalla costante presenza dell'ironia e della grazia, dea alata che abita ogni verso di questa silloge necessaria e piena di meraviglia. Lettura super consigliata!
Pur essendo un frequentatore sporadico della poesia contemporanea, ho apprezzato molto questa raccolta. Il giardino si fa specchio della creazione e il dialogo tra I fiori e l’autrice procede parallelamente a quello tra la stessa e Dio. La gioia per la bellezza delle forme dell’esistere nella primavera si accompagna al tormento per la dissoluzione che arriverà con la fine dell’estate. Il Creatore resta spesso silenzioso o non dà risposte esaustive, invita le creature a godere del momento, trovando una propria voce, scrivendo una storia che attiri la sua attenzione. I riferimenti materici alle flora del giardino si alternano alla tensione metafisica di liriche che assumono il nome di preghiere (mattutini e vespri), senza trascurare la sfera personale, fatta di legami familiari e ricordi intimi.
Nella raccolta intitolata "L'iris selvatico" Louise Gluck parte, come sempre, dal vissuto personale per delineare un rapporto con la natura. Esso si nutre di sole, tramonto, giorno, notte, tempo che passa. Esso è toccato dalla meraviglia e dal tormento. Allo stesso modo, la terra nutre e soffoca, il cielo accoglie e respinge. Nei confronti della bellezza, della fragilità dei fiori o delle creature non c'è alcuna indulgenza. L'insoddisfazione prevale sulla quiete sia nei confronti del creato che del suo creatore. L'aspirazione all'infinito resta una potenzialità umana, impastata di carne e sangue, insicurezza e dedizione quotidiana. Nonostante tutto, non si può che aprire lo sguardo.
Recensioni
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