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Libro presentato da Roberto Barbolini nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2024.In un ordito sapiente di realtà e fantasia, questo è il ritratto di un uomo straziato tra dubbio e rinascita, che della resilienza fa il proprio riscatto, scorgendo nel passato irrisolto la promessa di un nuovo futuro. Sullo sfondo, la Sicilia che l’autrice come sempre sa raccontare: calda e sanguigna, dissoluta e antica, qui più densa e ferita, ma ancora umana come nessuna.
Il Seicento volge quasi al termine, laggiù a Ibla, terra di Santa Inquisizione e governatori regi, notabili e viddani, vecchie zitelle e prostitute lise. La terra dove padre Bernardo, uomo dai moti secolari più che claustrali, «dominato dalle passioni eppure vinto dalle responsabilità», amministra una piccola chiesa celebrando messa senza slancio né vocazione. È la terra dove lui troverà l’amore, più che in Dio in Tresina, la perpetua redenta con il cuore grande e la risata lieta, lei che «infinitamente donna» gli farà il regalo più grande. Eppure, sullo sfondo di una fugace e momentanea felicità, aleggia un antico rancore, professato da un «dimonio» di madre che, timorata e luttuosa, mai gli ha perdonato errori adulti e bambini. Così, in un crescendo incontrollato di sentimenti contrastanti, senso del dovere e bramosia di dar seguito alle passioni, Bernardo diventa testimone di un evento distruttivo ed epocale, il grande terremoto dell’11 gennaio 1693, che segnerà la sua esistenza riducendola a fede macilenta, rovina e silenzio.
Proposto da Roberto Barbolini al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione: «Una forza tellurica, possente, serpeggia tra le pagine di questo intenso libro di Costanza DiQuattro, che fin dal titolo “L’ira di Dio”, col suo richiamo alla collera celeste, evoca la catastrofe verso la quale la trama inesorabilmente precipita: il terribile terremoto che colpì Ibla e il Val di Noto l’11 gennaio del 1693. Consideriamo la città in cui la storia è ambientata: come la “Casa degli Usher” di Poe, fin dalle prime righe essa si rivela una sorta di espansione psichica dei suoi abitanti: «Ibla, sciupata e stanca, di notte ricordava il lamento flebile di una prefica piangente che all’alba si trasformava nel vociare di una donnaccia spudorata». Già al centro di romanzi precedenti come “Arrocco siciliano” e “Giuditta e il Monsù”, Ibla è parola magica nella geografia interiore dell’autrice. [...] Fervida di passione per il mondo atavico che descrive, ma ben calibrata nel dosarne la rappresentazione, DiQuattro ci consegna una prova di alta maturità stilistica, grazie a una scrittura che padroneggia perfettamente registri alti e sapide incursioni dialettali, capace di dar voce a figure memorabili mentre disegna con rigore appassionato il quadro storico e umano entro cui queste si muovono.»
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Romanzo ben scritto , ( ho molto apprezzato le frasi in dialetto ) e che mi ha consentito di approfondire dei fatti storici che conoscevo solo superficialmente ( il terribile terremoto del 1693). Quello che mi risulta difficile è , invece, il modo , tutto sommato normale , in cui viene vista la condotta del parroco Bernardo da tutti gli altri appartenenti al clero, soprattutto considerato che siamo nella Sicilia del 600
Se volete leggere una storia dell'amore, in tutte le sue forme, questa è quella giusta. Di Costanza di Quattro avevo già letto, apprezzandolo, Donnafugata. L'ira di Dio narra il percorso spirituale di Bernardo, che sfida le convenzioni e vince la rabbia umana. Bellissime anche le figure che lo affiancano, anche dei quattro parrocchiani che gli restano vicini, facendoci capire che il marcio è altrove.
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