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Una ricostruzione storica del gulag non particolarmente approfondita, privilegiando piuttosto le testimonianze delle vittime.
Libro ricco di dettagli su una pagina oscura di storia che è parallela con quella dei campi di concentramento nazisti. Pur se diversi, nati con scopo diverso e un livello di crudeltà diverso, i campi sovietici hanno dimostrato che l'essere umano può essere quanto di peggio possa esistere per sé stesso e tutto ciò che lo circonda. Un'entità malvagia che non possiede limiti alla propria capacità di ridurre in pezzi (a volte letteralmente) i propri simili. Quello dei campi sovietivi è un pezzo di storia che va letto, con spirito di osservazione critica, con attenta analisi al contesto, al concetto di totalitarismo che in URSS più che mai ha visto il suo manifestarsi violento e invadente in ogni parte della società. E' un libro molto lungo quindi ci vuole pazienza, ma alcune sezioni non hanno nulla da invidiare (in quanto a terrore) alle storie raccontate sui campi nazisti tedeschi. Va letto senza pregiudizi di sorta, senza pensare di iniziare la lettura come tifosi di una parte (i rossi o i neri). Qui nessuno è migliore dell'altro. Sono entrambi esempi di quanto l'essere umano può toccare il fondo.
Si tratta della visione neoconservatrice e neoliberale del Gulag, sistema concentrazionario che non ha niente a che fare coi lager di natura fascista, e che altro non era che un apparato repressivo simile a quello usato nel resto degli stati del globo terracqueo. Di certo gli americani non possono dare lezioni di umanitarismo e di rispetto dei diritti delle popolazioni a loro soggiogate.
Recensioni
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