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Un magistrale racconto poliziesco che, come un dramma da camera, si svolge tutto nel mondo piccolo e psicologicamente denso di una sola stanza. Un racconto con al centro le donne che, scritto nel 1917, costituì per i primi movimenti femministi degli anni Settanta un testo fondamentale.
«Meraviglioso. Un documento sociologico importante per comprendere la “questione femminile” nella storia recente e al tempo stesso un noir scritto con straordinaria finezza.» – Alicia Giménez-Bartlett
La «signora Hale» e la «signora Peters» (così si rivolgono l’una all’altra) si ritrovano nella grande cucina della fattoria dove è stato consumato l’omicidio del proprietario. Sono state portate qui dai mariti, cioè il testimone e lo sceriffo, per scegliere degli oggetti personali da far avere alla moglie accusata del delitto. Da quella cucina sono appena passati gli uomini; hanno deriso, un po’ paternalisticamente un po’ con disprezzo, il mondo piccolo delle donne. Adesso sono al piano di sopra e in giro, e si sentono le voci e i passi, mentre cercano inutilmente «prove» e «indizi», il «movente»: cose importanti. La signora Hale e la signora Peters non hanno nessuna intenzione di indagare, non si fanno domande oltre quelle di ogni cucina, non si ritengono all’altezza di nulla di cui sono capaci gli uomini in quelle circostanze. Ma è notando le loro «inezie», invisibili agli uomini, che si avvicinano alla verità del delitto, perché capiscono, con un po’ di rimpianto per non averlo fatto prima, il mistero di quella Minnie, che una volta «era una ragazza piena di vita e cantava nel coro». E così possono esercitare la loro giustizia da pari.
Scritto nel 1917, Una giuria di sole donne è stato visto dalla critica come un racconto paradigmatico, un esempio di innovazione sia del genere (il luogo chiuso in cui si svolge l’azione, l’indagine sostanzialmente psicologica, il rovesciamento della nozione comune nel giallo di bene e male), sia dell’idea di giustizia (verso una giustizia non formalistica, ma dell’attenzione e dell’empatia). Susan Glaspell lo rielaborò da una propria precedente pièce teatrale (Inezie), conservando nel racconto la prevalenza del dialogo e l’attenzione al movimento dei personaggi. «Un piccolo capolavoro letterario, pieno di sottigliezza, intelligenza e savoir faire», lo definisce Alicia Giménez-Bartlett nella Nota. E una delle sottigliezze sta certamente nel fatto che tutte le superiorità investigative delle modeste signore della Glaspell trionfano non nonostante i ruoli in cui sono costrette, ma grazie a questi, per il modo femminile con cui «sanno andare in fondo alle cose». Prendendosi una molto soddisfacente rivincita sulle grossolanità dei loro maschi.
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In un racconto di circa 50 pagine non ci si può permettere di sprecare neanche una parola. E così ogni singolo aggettivo, ogni dialogo, ogni azione sono essenziali per la descrizione dei personaggi e per la trama. All’inizio abbiamo subito il contrasto tra uomo e donna, il primo rappresentato dal corpulento sceriffo, la seconda impersonificata dalla moglie di costui, minuta, gracile e dalla voce flebile. Due donne accompagnano i loro rispettivi mariti all’interno di una casa in cui è stato compiuto un omicidio (siamo dunque di fronte a quello che potremmo definire un delitto a stanza chiusa) e mentre subiscono sarcastiche e sessiste battute, svolgono una sorta di indagine parallela, che, grazie alla loro intelligenza e sensibilità, le conduce a scoprire ciò che invece sfugge alle grossolane osservazioni dello sceriffo, del suo vice e del pubblico ministero.
Una bella storia di intesa femminile al di là delle condizioni personali. Bello bello. Da leggere e rileggere.
All'apparenza un semplice poliziesco ma in concreto un vero documento femminista. Con questa storia la Glaspell ci permette di riflettere e di ricordare che: nel mondo ci sono ancora molte donne confinate nell'ambiente domestico, sulle donne pesano ancora pregiudizi e discriminazione, troppe donne devono ancora sopportare in silenzio derisione e disprezzo. Da quel 1917 molto è stato fatto ma c'è ancora tanto da fare.
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