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Romanzo popolato da tre persone in carne e ossa (Atalia, moglie di un soldato defunto; Gershom Wald, suo suocero e Shemuel Asch, giovane universitario assunto come aiutante del vecchio Wald) e da due fantasmi (Yehoyachin Abrabanel, padre di Atalia, e Micah Wald, figlio di Gershom, morto negli scontri arabi-ebrei del 1948). In realtà ci sono altri due fantasmi, su cui dibattono sia Gershom (che si basa sulla Bibbia) e Shemuel (che cita i Vangeli e il Nuovo Testamento): sono Gesù e Giuda Iscariota e il loro ruolo nella nascita del cristianesimo. Atalia e Gershom sono due ceppi inariditi: la prima poiché non si è mai ripresa dalla morte del giovane marito, il secondo perché ha il fisico distrutto (non riesce più a camminare e si trascina sulle stampelle) e il cuore straziato per il decesso del figlio Micah. Siamo a fine 1959 e inizio 1960, quando lo stato d’Israele inizia a irrobustirsi nonostante la continua guerriglia con gli stati arabi. Le argomentazioni principali sono le schermaglie tra Shemuel e Gershom sul ruolo di Gesù e Giuda, poiché questi due personaggi sono gli oggetti di uno studio di tesi di laurea del giovane Shemuel. Le conclusioni di Gershom sono che Gesù non era figlio di Dio, ma al più un profeta illuminato, un visionario e un ebreo mortale come tutti. Per Shemuel Giuda non era un traditore, anzi era un fervido seguace di Gesù, credeva nella sua divinità e lo aveva incoraggiato a entrare in Gerusalemme e farsi crocifiggere per scendere dalla croce e mostrare al mondo la su potenza divina. Non era andata così e Giuda si era suicidato. C’è un altro aspetto, politico, di questo romanzo: la tesi propugnata dal defunto Abrabanel che fosse errato creare due stati, ebraico e palestinese, poiché avrebbe generato guerre infinite, ma che i due popoli dovessero convivere in pace in questa regione in assenza di confini territoriali. E c’è il sentimento di Oz a favore dei palestinesi e contro l’oppressione dello stato sionista, a tutt’oggi sempre più brutale.
Un romanzo insolito, la storia di Shemuel è l'espediente per parlare di alcuni tratti della storia di Israele con gli occhi del 1959, per consegnarci una visione alternativa della figura di Giuda, per far emergere le tante tensioni che legano gli ebrei a arabi e cristiani. E si sottolinea in qualche modo quanto sia colto questo popolo.
Shemuel Asch è un giovane ebreo venticinquenne, asmatico, grassoccio, con una folta barba. È membro di un Circolo per il Rinnovamento Socialista e frequenta l’università di Gerusalemme, dove è impegnato in una tesi su "Gesù in una prospettiva ebraica". Ma alla fine del 1959 la sua situazione personale e familiare si complica, inducendolo ad abbandonare gli studi e a cercarsi un lavoro. Lo trova come assistente di Gershom Wald, un anziano signore invalido, colto ed eclettico, che vive in una vecchia casa con la nuora Atalia Abrabanel e cerca la compagnia di una persona disposta per alcune ore al giorno a parlargli e ad ascoltarlo. Inizia così, per alcuni mesi, una strana convivenza tra i tre personaggi, fatta di reticenze e di confidenze inattese che fanno emergere, dalle rispettive esperienze di vita, la complessità e la tragicità della storia ebraica, da quella antica, che Shemuel prova a rileggere ridisegnando i ruoli di Gesù e di Giuda Iscariota, a quella moderna, con le guerre in atto dopo la recente fondazione dello stato ebraico. L’enigmatica Atalia, dalla quale Shemuel è attratto e ricambiato anche fisicamente, centellina le rivelazioni a proposito del defunto marito Micah, intrecciandole a quelle sulle rispettive famiglie e sulle contrapposizioni politiche tra i consuoceri, mentre l’anziano Gershom riassume anche fisicamente, nella severa saggezza della sua figura, la contraddittoria complessità della loro condizione.
Recensioni
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1959-1960: la maggior parte degli esseri umani ora sulla terra non era ancora nata o aveva pochi anni. Dunque un numero relativamente ristretto di lettori ha oggi un ricordo diretto degli avvenimenti di quel periodo, nazionali o internazionali. Agli altri restano documentari, fotografie, registrazioni e saggi per crearsi l’immagine virtuale di ciò che non è più. E restano anche gli scrittori (Amos Oz aveva 20 anni nel 1959) che rielaborando immaginano, che impastano reale e virtuale, memoria emotiva e obiettività storica generando qualcosa che ancor più e meglio di un documentario riesce a farci entrare nel corpo di chi c’era.
È così per questo straordinario romanzo di uno degli scrittori più importanti della contemporaneità che, a sua volta, mescola gli anni vissuti con quelli vagheggiati e figurati dei Vangeli, incrociando le esistenze di israeliani della metà del Novecento con quelle di Gesù e di Giuda Iscariota.
Shemuel Asch è uno studente universitario un po’ cagionevole di salute malgrado la stazza robusta all'apparenza, e incerto sul suo futuro, nella fredda Gerusalemme invernale esile confine tra guerra e pace. La fidanzata lo ha lasciato e rapidamente si è sposata con un ex, difficoltà economiche gli impediscono di pagare l’affitto di casa, l'ideologia socialista sposata in passato vacilla e la depressione lo spinge a interrompere gli studi e le ricerche per una tesi promettente per i successivi sviluppi: Gesù visto dagli ebrei.
Deciso ad allontanarsi dalla città, Shemuel casualmente legge un annuncio dove si prospetta un lavoro interessante: alloggio gratis e modesto stipendio “in cambio di cinque ore serali di compagnia a settantenne invalido, colto ed eclettico”. Come in un’antica favola il giovane entra così in un luogo senza tempo, una casa buia e misteriosa, profumata di bucato, riparata dagli sguardi e fortificata nella struttura da centinaia di piante da fiore e rigogliosi fusti di Passiflora (simbolo della passione di Cristo), e circondata da un giardino lastricato "all'ombra del fico e della vite" (anch’essi densi di riferimenti e significanze). "Su tutto dimorava il silenzio di una fredda sera d'inverno. Non era un silenzio di quel genere trasparente che chiama a sé, invita a raggiungerlo. No, era un silenzio indifferente, arcaico, un silenzio che volgeva le spalle." Nella casa vivono Atali Abrabanel, donna non più giovanissima, ma affascinante e sensuale, sempre profumata di violetta (che si scoprirà essere figlia di un membro del comitato nazionale contrario alla linea di Ben Gurion e alla fondazione dello Stato), e l’anziano Gershom Wald, misterioso intellettuale critico ed esegeta. A chi dei due appartiene la casa? Che tipo di relazione c’è fra l’anziano invalido e la donna piena di forza?
All’interno di questo luogo chiuso, talora claustrofobico, i personaggi vivono la piccola esistenza che compete loro, narrando però la Storia dell’umanità, delle guerre, del cristianesimo e degli ebrei, di Gesù e di Giuda, il vero protagonista, sul quale Oz indaga con evidente empatia: “in fondo – afferma Shemuel – senza di lui non ci sarebbe stata la crocifissione, e senza la crocifissione il cristianesimo non sarebbe mai esistito”. Quindi chi tradisce veramente e in relazione a cosa? Non sarà Giuda l’unico presunto traditore di questa storia, meravigliosa e tragica fotografia dei dubbi tuttora vivi sul sionismo.
Gioco narrativo nel gioco, Oz si diverte a costruire il racconto utilizzando gli elementi classici messi in luce da Propp nella sua Morfologia della fiaba. Allontanamento da casa, proibizione e violazione di essa, strumenti magici… al lettore il piacere di scoprirli e procedere.
Spesso l’opera dello scrittore israeliano, pur essendo narrativa, rasenta il testo poetico per la capacità prodigiosa di usare le parole, che con evidente raffinatezza sono tradotte in italiano da Elena Loewenthal. Anche questo deve essere detto.
A cura di Wuz.it
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