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Jim Bennett, un eminente docente universitario di letteratura, è anche un giocatore di poker compulsivo con molte migliaia di dollari da restituire a due strozzini in soli sette giorni, al termine dei quali la sua vita potrebbe cambiare per sempre. Remake a distanza di oltre quarant’anni della pellicola firmata nel 1974 da Karel Reisz, 40.000 dollari per non morire, interpretata da James Caan nel ruolo del docente apprezzato dai suoi studenti e che è stato questa volta impersonato dal dimagritissimo, per l’occasione, Mark Whalberg, nel ruolo di un giocatore compulsivo che anela l’autodistruzione e che dietro l’apparenza di una esistenza al limite cela anche quella di stimato docente di letteratura, rampollo di un’agiata famiglia che ha in Jessica Lange una madre con seri problemi di alcoolismo, e che è afflitto una depressione latente che soffoca in partite suicide e conoscenze che lentamente lo trascineranno sull’orlo del baratro, non senza un aiuto molto consapevole da parte dell’ex rapper Marky Mark, che calato in un ruolo in cui deve discernere di letteratura di matrice anglosassone e capacità di scrittura non sembra trovarsi minimamente a suo agio. Menzione speciale per John Goodman nel ruolo di uno strozzino dal cuore d’oro, appassionato di scotch e saune, ma nel complesso la rivisitazione del romanzo di Fëdor Dostoevskij portata in pista da Rupert Wyatt, noto al pubblico per il pluripremiato Prison Escape, rappresenta un’occasione sprecata per trattare meglio sia il tema della dipendenza da gioco sia il thriller dietro la quale si cela la restituzione del denaro da parte del professor Bennett, così come anche una storia d’amore fra lo stesso Bennett e un’allieva molto promettente impersonata da Brie Larson.
Il vizio del gioco, terribile, con una vena di autodistruzione del grande Mark Wahlberg, bel film
Un film che ci fa riflettere di come ci si può rovinare la vita quando si entra nel tunnel della dipendenza da gioco. Come Jim Bennett che alla fine per saldare il conto non gli rimmarà altro che giocarsi al tavolo della "Roulette" la propria pelle. Nero vivi, rosso sei morto. Se volete sapere come è finita, guardatevi il film.
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