Propr. T. Kar-Ming, regista hongkonghese. Studia cinema a San Francisco. Il suo anticonformismo si traduce in un atteggiamento molto libero e personale nei confronti dei generi che avvicina nella propria carriera, come risulta già dal film d'esordio Ming jian, The Sword (La spada, 1980), classico wuxiapian (genere cinese paragonabile al cappa e spada occidentale) piegato in una direzione via via più surreale. Interessato alla provocazione e alla decostruzione delle strutture di racconto tradizionali, aggredisce con furore iconoclasta e stile sperimentale lo slasher (l'horror basato sul maniaco omicida protagonista) con Ai sha, Love Massacre (Massacro d'amore, 1981), vicenda di amore e possesso sanguinario ambientata a San Francisco, il film generazionale con Lie huo qing chun, Nomad (Nomade, 1982), affresco della società di Hong Kong dell'epoca attraverso il prisma dell'amicizia e dell'amore, il melodramma cinefilo in Xue er, Chérie (1984). Voce tra le più singolari e interessanti della new wave hongkonghese degli anni '80, sparge nel suo cinema semi che germoglieranno appieno nelle personalità del decennio successivo, da S. Kwan a Wong Kar-wai (suo sceneggiatore nell'esplosiva commedia dei sessi Zui hou sheng li, Final Victory, Vittoria finale, 1987), senza dimenticare alcune scelte di stile poi molto imitate (la fotografia quasi monocromatica in blu di C. Doyle nel dolente mélo Xue zai shao, Burning Snow, Neve infuocata, 1988). Autore completo (anche abilissimo montatore: suo l'editing del magmatico Ashes of Time, 1994, di Wong Kar-wai), spesso incompreso dal pubblico, gradualmente più isolato, rarefà la propria attività registica all'inizio degli anni '90, fino al silenzio pressoché assoluto dell'ultimo decennio, interrotto soltanto dal recente ritorno di Fu zi, After This Our Exile (Dopo questo nostro esilio, 2006), quasi una summa della sua idea di cinema. (rm)