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“Le febbri della memoria” è un romanzo che si ama subito e che ci fa identificare con il protagonista, che ha una voce alla quale ci affezioniamo rapidamente. Ed è una cosa eccezionale, almeno per me: per quanto mi riguarda, un altero e straricco nobile francese del XIX secolo è la persona che butterei dalla torre al posto di chiunque altro. Eppure, la penna di Belli riesce a dagli uno spessore e soprattutto un’identità che acquista profondità proprio nel momento in cui Praslin perde la sua identità precedente. L’uomo si ritrova nel mondo senza un nome, senza un modo di essere, nella necessità di inventarsi daccapo prima una maschera, poi anche una personalità. Anche Gioconda Belli, che ha avuto una vita da partigiana oltre che da scrittrice, ha dovuto vivere sotto falso nome e fuggire, ed è interessante questa sua rielaborazione dell’esperienza. Il romanzo ha anche delle descrizioni, molto belle nella prima parte “inglese” e nella parte finale nicaraguense assolutamente meravigliose: nel parlare dei colori e della natura dirompente del Nicaragua si percepisce un amore quasi doloroso della scrittrice per la sua terra natia. “Le febbri della memoria” è insomma un romanzo bellissimo, appassionante, scritto magistralmente, che ci fa riflettere sul concetto di identità e sulla forza che abbiamo nel cuore, e che può aiutarci: non sempre a superare, ma almeno a convivere con le nostre ferite del passato.
Forse avevo delle aspettative alte, ma resta di fatto che questo libro mi ha lasciato l'amaro in bocca. L'idea non è male però non mi ha convinto la narrativa. Troppo prolissa e troppo descrittiva e lascia poco spazio alla storia vera e propria.
Ho letto Gioconda Belli nella prima edizione italiana del bellissimo La donna abitata nel 1995. Dopo più di 20 la ritrovo con questo romanzo, tra realtà e fantasia, che descrive un pezzetto della storia dei suoi antenati. Bello !
Recensioni
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