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Raccolta di articoli in presa diretta. L'autore cerca di comprendere e spiegare il fenomeno "khmer rosso", prima con partecipazione poi con orrore e condanna.
Ottima e preziosissima raccolta di articoli scritti sul campo. Vero giornalismo di cui andare fieri, poichè italiano. Altroché propaganda anticomunista:i fatti sul campo e le percezioni del reporter filtrate dal suo background culturale cristallino. Dopo averlo letto si sa quasi tutto della Cambogia post coloniale.
Glorioso ed amabile Pol Pot? ma vergognati Aldo, ed accendi il cervello sempre che tu ce l'abbia. Questo libro è come al solito un eccezionale documento storico scritto da un giornalista che non ha nulla a che vedere con la maggior parte dei giornalisti attuali, servi del potere appartenenti ad una casta il cui scopo è quello di fare propaganda.
Recensioni
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Questo libro di Tiziano Terzani raccoglie gli articoli, i messaggi, i telegrammi, le corrispondenze inviate dalla Cambogia in guerra ai giornali europei: a Der Spiegel, di cui era corrispondente fisso dall'Asia, al Giorno, all'Espresso, al Messaggero, alla Repubblica e, dal 1988, al Corriere della Sera. Sono pagine intense, sospese tra l'illusione di una nuova era per l'Indocina e l'autocritica che il giovane reporter esercitò senza remore, di fronte ai drammatici eventi descritti con la sua Lettera 22.
Il libro inizia con i pezzi sui bombardamenti americani in Cambogia nel '73, i caccia bombardieri F-111 che saettavano nel cielo, il ronzare dei B-52 che nel giro di un secondo potevano cancellare un intero villaggio: Terzani, giunto a Singapore all'inizio del '72, si era spostato a Phnom Penh nel marzo dell'anno seguente e aveva trovato un Paese assediato dalle bombe e dalla miseria. Al governo c'era il generale Lon Nol che, nel 1970, sostenuto dalla Cia, aveva rovesciato il re Sihanouk e aveva preso il potere senza godere di alcuna simpatia da parte della popolazione. Terzani vedeva i mercanti e gli ufficiali di quella repubblica, arricchiti dalla guerra, pranzare sulle verande degli alberghi mentre per le strade la gente era costretta dalla fame a mangiare i cani randagi e a scortecciare gli alberi per fare la legna per cucinare. In quello scenario di coprifuoco e rovine, c'era la grande attesa per l'arrivo dei Khmer Rossi, i "partigiani", il movimento comunista clandestino formato da Khieu Samphan e Saloth Sar, il futuro Pol Pot. "I guerriglieri – scriveva il giornalista fiorentino nell'agosto del '74 – controllano l'80 per cento del paese, hanno le risaie, la regione con le rovine di Angkor, tengono in mano tutte le strade… si sono anche presi il vecchio importante centro buddista di Udong." In quel clima di tensione per l'arrivo della svolta, Terzani si spostò al confine con la ricca Thailandia e nella piccola cittadina di Poipet, appena invasa dai guerriglieri rossi, rischiò di morire fucilato perché scambiato per "Ameriki! Ameriki!", come gli urlava il quindicenne che per ore lo tenne al muro con una pistola puntata al volto. Liberato, perché grazie a un commerciante cinese venne riconosciuto come non americano, Terzani attraversò quello stretto ponte di ferro che costituiva la frontiera tra Thailandia e Cambogia convinto che alle sue spalle, al di là di quel ponte, finisse non solo il paese della corruzione, dei repubblichini arricchitisi con i dollari dei militari Usa, ma anche che cominciasse una Cambogia diversa: quella dei contadini, la Kampuchea Democratica come l'avrebbero ribattezzata i Khmer Rouge, povera, dura e popolare.
Invece non ci fu neanche il tempo di festeggiare l'ingresso dei "liberatori" nella capitale che una cortina di silenzio calò sul paese: 4 milioni di abitanti furono trasferiti in pochi giorni con una forzata migrazione, dalle città nella campagna. Tutti i mezzi di trasporto vennero collettivizzati, il danaro eliminato e l'intera popolazione fu costretta a partecipare al lavoro nelle risaie e a vasti progetti di opere pubbliche. I giornalisti occidentali furono espulsi da Phnom Penh e se, per il nuovo regime di Pol Pot, il paese era un'"immensa officina", Terzani nel '76 raccontava la tabula rasa realizzata dall'epurazione e confermava ciò che dicevano i rifugiati scampati ai massacri di un esercito di ragazzini ai danni dei propri connazionali. Scuole, biblioteche, chiese e pagode furono chiuse; insegnanti, intellettuali, chiunque avesse legami con la memoria del passato fu ucciso. "Non c'è persona oggi in Cambogia – scrisse Terzani nell'80 – che non abbia perso un familiare, la stima di 3 milioni di cambogiani uccisi o morti di fame tra il 1975 e il 1978 non dovrebbe essere esagerata." Il giornalista ricostruì l'orrore onnipresente: fosse comuni e stragi in nome di un comunismo nazionalista e rurale, rozzo e primitivo, in nome della "purezza khmer" anti-thailandese e anti-vietnamita (i nemici storici del nord e del sud).
Da quei Killing fields, dai teschi delle vittime accatastati nel crudo ed efficace "museo dell'orrore" di Tuol Sleng, prenderà corpo la svolta che porterà Terzani ad abbandonare ogni fiducia nell'ideologia, in cui pure aveva creduto, per iniziare un nuovo cammino di ricerca. Perché in Cambogia, l'unico paese dell'Asia che visiterà per altri 25 anni, Terzani vide in piccolo la tragedia del mondo in grande. E questo libro, Fantasmi, spiega le ragioni che lo hanno spinto a voltare le spalle al mondo e a cambiare direzione.
"Tiziano all'inizio sta visibilmente dalla parte dei khmer rossi, i guerriglieri comunisti che cercano di spodestare l'usurpatore sostenuto dagli Usa. Questi si avvicinano progressivamente alla capitale, che conquistano nella primavera del 1975. Terzani li vede come liberatori, capaci di riportare il Paese alla pace.Da lì comincia, invece, la stagione più terribile, l'autogenocidio imposto dalla dirigenza khmer, capeggiata da Pol Pot, laureato a Parigi, che per riportare la Cambogia alla sua originaria cultura programmò di eliminare fisicamente tutti coloro che dal modo di pensare occidentale fossero stati «inquinati». Un milione e mezzo, due milioni di morti su una popolazione di circa sette milioni. […]Spinto dalla curiosità e dal dubbio, e sempre disposto a rivedere le sue convinzioni, [Terzani] arrivò a capire del tutto cosa fosse successo e lo fece sapere ai lettori… Terzani percorre tutte queste vicende con una grande partecipazione verso chi soffre (si carica sulle spalle moribondi per fame cercando di salvarli) e immensi interrogativi su giusto e ingiusto; ci fa vedere come dal male non possa che nascere il male." GHERARDO COLOMBO EX PM DI MANI PULITE E GIUDICE DI CASSAZIONE
"Per il grande inviato di guerra, innamorato dell'Asia, del mestiere giornalistico, degli ideali socialisti, la svolta inizia in quel giugno del 1976 in cui gli eventi lo costringono a rielaborare la sua visione della vita e del mondo. […] Vediamo il professionista onesto mettere i lettori al corrente dei dubbi che stanno inesorabilmente affiorando in lui. Saltano i vecchi schemi di analisi, la realtà si presenta con più facce, ed emerge il timore che quella meno bella e gloriosa corrisponde purtroppo maggiormente al vero. […] Tiziano non può fare a meno di registrare quelle testimonianze. Ed è evidente che non sono solo raccapriccianti in sé, ma bruciano come altrettante coltellate al cuore per l'idealista che vede sgretolarsi davanti agli occhi l'amato castello di convinzioni e di speranze." L'UNITÀ
"In quel paese Terzani legge, meglio che in altri luoghi, la parabola delle vicende umane. Delle promesse tradite, della vitalità impetuosa che esplode dopo i conflitti, e che rinnova i vizi e i guasti che la rivoluzione voleva eliminare. Terzani allora raccontava la guerra e questo libro può essere letto come un trattato militare a puntate per spiegare l'Iraq e l'Afghanistan di oggi. […] Gli articoli di giornale hanno vita effimera. A distanza di anni i dispacci di Terzani invece vanno oltre il ritratto della sfinge cambogiana, rimuovono quella maschera sorridente che ha nascosto i carnefici, il loro complici stranieri, e ingannato le vittime." LA STAMPA
"È un risveglio lento dal 'sogno'. Un progressivo scivolamento nel pozzo di una realtà da incubo, imprevedibile a priori. Una progressione (dubbio – incredulità – sconcerto – sdegno – scoramento - disgusto) che Terzani racconta dispaccio dopo dispaccio seguendo il flusso delle informazioni, delle esperienze, delle testimonianze (inizialmente sospette e via via sempre più verosimili fino a diventare inconfutabili) e delle riflessioni che da tutto questo derivano. La curiosità diventa passione…" ALIAS
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