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E molto interessante lo consiglio vivamente
Romanzo attuale, ambientato in una Grecia sull'orlo del baratro economico. Originale l'idea del killer che uccide i grandi evasori fiscali che in combutta con politici inetti e corrotti lucrano sulla povera gente, una sorta di novello Robin Hood. Sempre più umano il commissario Charitos alle prese con problemi familiari e professionali che lo angosciano. Finale amaro.
Premettendo che non ho letto i romanzi precedenti della serie del commissario Kostas Charitos, credo che il paragone con il Montalbano di Camilleri venga spontaneo, e che Markaris, per quanto estremamente piacevole da leggere, ne esca sconfitto. Entrambi gli autori dipingono una terra lasciata alla rovina da una classe dirigente avida e strafottente, ma Charitos non riesce a navigare la sua Grecia con il carisma, pur amaro, con cui Montalbano naviga la sua Sicilia. Anche questa mancanza di mordente, però, è un tratto del personaggio così come è stato scritto, perciò lo si può apprezzare così com'è; resta il fatto che a tratti rende la lettura alquanto monotona.
Recensioni
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È maggio e per il commissario Charitos è un periodo stranamente calmo: da più di un mese l’unico caso di cui si occupa è il suicidio di quattro signore. La sezione omicidi sembra godere di un periodo di aspettativa. Ma “i miracoli più grandi durano tre giorni” era solita ripetere la vecchia signora Charitos al figlio, e il commissario sa bene che il suo stato di grazia finirà presto. Infatti, puntuale come un orologio, una mattina il cellulare torna a squillare.
Sotto una stele, nel sito archeologico del Ceramico, è stato rinvenuto il cadavere di un uomo fra i cinquanta e i sessant’anni, un noto chirurgo e collezionista d’arte. A provocarne la morte un’iniezione di cicuta alla nuca. È evidente che stavolta si tratta di un omicidio, solo le dinamiche piuttosto anomale. Perché infatti uccidere con la cicuta, il veleno di Socrate, e poi trasportare il cadavere in un sito archeologico? Inoltre, la posizione in cui è stato trovato il corpo - supino, gli occhi chiusi e le braccia incrociate sul petto – sembra rinviare a una simbologia precisa.
Le indagini proseguono e dal web emerge la lettera che un fantomatico “Esattore nazionale” aveva inviato alla vittima invitandola a restituire all’ufficio delle imposte un’ingente somma di denaro sottratta nella denuncia dei redditi, pena la vita. A pochi giorni di distanza il ritrovamento di un altro cadavere nel sito archeologico di Elefsina. Stavolta la vittima è un professore universitario e membro del governo, anche lui evasore fiscale. La dinamica dell’omicidio è la stessa: iniezione di cicuta alla nuca. Solo, la questione si complica: è ormai chiaro che l’“Esattore nazionale” è qualcuno che ha accesso all’archivio del ministero dell’Economia da cui è riuscito a trafugare i dati delle evasioni, grazie ai quali avrebbe potuto stilare una lista di potenziali vittime; un serial killer intenzionato a colpire ancora con lo scopo di rimpinguare le casse dello Stato. Pertanto occorre fare in fretta, ma le domande in sospeso sono ancora molte, troppe. La prima riguarda il movente: è la prima volta infatti che Charitos si trova di fronte a omicidi per evasione fiscale. Qual è allora il legame fra l’assassino e le sue vittime? L’unica certezza è che esiste un collegamento con l’antichità classica dietro il quale si nasconde un messaggio in codice. Ma quale?
Nel frattempo il caso dell’“Esattore nazionale” ha assunto un’ampiezza enorme, sollevando un problema di economia nazionale come quello dell’evasione fiscale. L’opinione pubblica è sempre più agguerrita e incalzante: un assassino è riuscito in pochissimo tempo dove lo Stato ha fallito per anni. È un messaggio forte, il segno di un’inversione dei tempi, e dei ruoli soprattutto, che la dice lunga sul desiderio dei cittadini onesti di vedere finalmente la giustizia applicata. D’altra parte, lo stesso Charitos, una volta individuato l’assassino, si ritroverà a fare i conti con la propria coscienza, indeciso se arrestare il serial killer e compiere il proprio dovere di poliziotto, o lasciare che la sete di giustizia della gente venga appagata ancora un po’.
L’esattore è un noir avvincente, che cattura il lettore dalla prima pagina, lo immerge in un mondo “più che reale” (la Grecia piegata della crisi finanziaria degli ultimissimi mesi) e al tempo stesso lo tiene col fiato sospeso fino alla fine. Ma il nuovo romanzo di Petros Markaris è molto di più, poiché, proprio attraverso la finzione narrativa, l’autore è capace di restituirci una visione della realtà quanto mai precisa e conforme alla verità: cosa può esservi infatti di più attuale della disperazione del popolo greco di fronte alla crisi? Della paura della povera gente di non avere più di che mangiare? O ancora: cosa può esservi di più verosimile del suicidio di quattro donne vittime dei tagli alle pensioni, di contro a gente milionaria che non paga le tasse? O di un serial killer che si fa promotore di una giustizia sociale equa punendo gli evasori fiscali? Ed è grazie a questa cornice, che fa da sfondo alla nuova indagine di Markaris, che chiunque legga L’esattore può dire che si tratta di un libro che è anche capace di parlare “a noi ora”.
“Quando tornerà il sereno?” È il refrain del commissario Charitos, ma anche la domanda sottesa a tutto il libro. A dire che l’irrisolvibile quesito che attanaglia il personaggio principale del romanzo è il dubbio con cui, da un po’ di tempo a questa parte, ci svegliamo tutti, autore e lettori compresi.
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