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Le tragedie "tebane" risalgono a momenti diversi della vita di Sofocle: Antigone, l'episodio conclusivo, è stata scritta per prima, nel 442; Edipo Re è di poco anteriore al 425; mentre Edipo a Colono è l'ultima opera, rappresentata postuma nel 401. I casi del re di Tebe – inconsapevole assassino del proprio padre e sposo della propria madre – e della sua discendenza ammoniscono che nell'agire umano è sempre presente un limite; ma insegnano anche che l'uomo resta comunque protagonista della propria vita. Ed è proprio la dualità della natura umana, tesa all'estatica visione della divinità ma coinvolta nelle dolorose piaghe dell'esistenza, a costituire il nucleo di questi tre testi fondamentali del teatro classico.
Note e commento di Marina Cavalli.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Grandi classici, che ancora oggi hanno molto da dire. SI leggono rapidamente, ma lasciano il segno.
Comprato per mia figlia su richiesta del prof di lettere, sfogliandolo sembra fatto molto bene con traduzione greco-italiano.
Per prima cosa, il nome. Edipo significa Piedegonfio, siccome l'hanno dato via, da appena nato, con le caviglie forate per legarle assieme meglio. Una traduzione altrettanto segnica ma più efficace, legata alla cicatrizzazione delle ferite alla caviglie, secondo me potrebbe essere: Callo. Sofocle scrive di Re Callo. Re Callo ripudiato sin dalla nascita dal padre Laio per causa di una profezia: tuo figlio te ne provocherà di dolori. Una profezia insolita. Vigliacco Laio, ma altrettanto vigliacca Giocasta, che tanta pena a dar via suo figlio non se ne diede, e che a rimaritarsi, a marito ammazzato, se ne diede altrettanta. Fosse suo figlio o no, Callo l'età per essere un figlio suo la aveva comunque. O i figli sono figli solo quando li hai messi tu fuori prima che loro provino a tornare dentro?
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