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Anno edizione: 1980
Anno edizione: 2019
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Fra il giugno 1944 e l’aprile 1945, rifugiato in una casa di famiglia nel basso Friuli, Satta scrisse queste pagine, cariche di sarcasmo e profonda amarezza, nel tentativo di risalire a certe ragioni nascoste della paradossale, atroce storia italiana dei vent’anni precedenti. E subito si poneva due domande inevitabili: perché gli italiani avevano accettato, e nella stragrande maggioranza sostenuto, il fascismo? E perché, una volta spinti nella guerra, quegli stessi italiani avevano subito sperato nella sconfitta? Più che sul ripugnante manipolo dei veri fascisti, attori occasionali e brutali, ma sempre accompagnati da una «scia di ridicolo», l’occhio di Satta si fissava sulla figura dell’«uomo tradizionale», il medio cittadino di stampo ottocentesco, attaccato alla libertà soltanto come «garanzia del privilegio»: era lui che l’aveva subito ceduta al fascismo, impaurito dagli squarci che si erano aperti nel vecchio ordine; era lui che aveva accettato la «servitù per non morire». Così, quando l’ultima guerra aveva rivelato la sua natura di «spettacoloso omicidio rituale», quello stesso «uomo tradizionale», figura ormai grottesca e stravolta, ma pur sempre universalmente diffusa, preso dal panico si era buttato a sognare l’impossibile restaurarsi di un vecchio ordine che ancora una volta lo tranquillizzasse. Questa è la durissima, cupa visione che Satta ci presenta: traversata da continue, e talvolta sgradevoli asprezze, è sostenuta da una vena di grande moralista nero, oltre che dalla dolorosa asciuttezza del narratore che si sarebbe poi rivelato col Giorno del giudizio.
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Lucida riflessione sull'Italia che fu fascista, svolta quasi contemporaneamente al suo crollo. L'onestà intellettuale dell'autore è impagabile e rende da sola necessaria la lettura del libro. Satta fu uno dei primi ad affrontare il tema della guerra civile partendo dai motivi che avevano indotto l'Italia fascista ad abbandonare il suo Duce, e ricorda in ogni momento che Mussolini cadde per una scelta a cui i fascisti furono costretti dall'esito tremendo che la guerra, quella guerra da loro anelata e con tracotanza perseguita, stava avendo sul popolo italiano.
Insieme all'opera di un suo corregionale (Marcia su Roma e dintorni , di Emilio Lussu) fornisce una lucida e impietosa testimonianza dell'Italia del ventennio e del regime che la funestò evidenziandone tutta la piccineria e la meschinità. Un vero dovere leggerlo per conoscerCi meglio.
Uno dei saggi più lucidi e ammirevoli sull'Italia fascista e sul suo significato culturale-antropologico. A ogni pagina si trova una riflessione cristallina, scomoda e spietata. In tempi di fake news, Satta conserva un raro equilibrio.
Recensioni
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