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Anno edizione: 2021
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Questo libro, pubblicato nel 2003, è ancora ricco di spinta e incisività, oltre a restare un irriducibile atto d'accusa contro la violenza: “nessuno può pensare e al tempo stesso colpire un altro essere vivente”.
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Sontag si dimostra - ancora una volta - in grado di stimolare il lettore a riflettere sul tema della rappresentazione del dolore attraverso la fotografia: spettacolarizzazione o trasparenza? Artificiosità o verità? Voyeurismo o solidarietà? Allo sguardo l'ardua sentenza.
La Sontag, nel corso di tutta la sua opera, non fa che insegnarci a porci le domande giuste. O per lo meno, di provarci. Non bisogna mai dare nulla per scontato! “Non si dovrebbe mai dare un ‘noi’ per scontato quando si tratta di guardare il dolore degli altri”
Susan Sontag è una garanzia sui temi teorici della fotografia intesa come un'arte poliedrica in continua connessione non solo con l'arte figurativa ma anche con la società, con la psicologia, con la comunicazione e soprattutto con l'essere umano. La macchina fotografica è stata creata dall'uomo per l'uomo ma essa riconosce solo ed un unico linguaggio, tecnicamente parlando. Le interpretazione di genere compositivo, semiologico, ecc., hanno natura culturale e di conseguenza cambiano di luogo in luogo. Il punto focale, come ci anticipa il titolo stesso, è il relativismo davanti al dolore degli altri: una stessa foto, mostrata in due contesti diversi può sortire diverse reazioni, così come uno stesso scatto accompagnato da due didascalie diverse può suscitare differenti opinioni. Letteralmente, il nostro background culturale ci suggerisce una chiave di lettura di una fotografia composta asetticamente da una macchina che si limita a registrare un tempo ed uno spazio tramite un espediente chimico, tutto ciò che cogliamo da questo atto dipende dalla cultura. La fotografia non ha opinione ma il suo interlocutore sì. Consigliato, assolutamente, ma è un saggio di approfondimento per chi ha già fatto "amicizia" con la teoria fotografica.
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