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Scritto con uno stile esageratamente retorico, a caccia di un pathos che finisce col risultare stucchevole, falso, persino irritante. Alcune tentate attualizzazioni e certi slanci di psicologia dantesca, più che discutibili, sono fastidiosi. Invece di attenersi ai documenti (l'unica cosa che salva il libro sono le citazioni) l'autrice si inerpica in paginette di sentimentalismi e di qualche banalità. Paranza mista di storiografia, critica letteraria, biografia e qualche errore madornale. Ma alla Laterza qualcuno lo aveva letto?
L'idea mi è piaciuta ma ho trovato alcuni tratti un po' noiosi, nel complesso però mi è sembrato un buon libro
Il peggior libro che abbia mai letto su Dante. Inutilmente retorico, con attualizzazioni grossolane, ma soprattutto pieno di errori inqualificabili sul piano storico, pur essendo l'autrice una studiosa di storia medioevale. Alcune perle: l'esilio di Cavalcanti collocato nel 1299 (e non nel 1300 con Dante priore); l'assenza di qualunque riferimento al dissidio tra Dante e Guido (anzi, entrambi uniti nella fazione "democratica" di Giano della Bella, pure il magnate Cavalcanti!); Beatrice sposata a Forese Donati, amico di Dante (sic a p.106), e non a Simone de' Bardi; fonti citate erroneamente (Dino Compagni dice che l'insulto "Cavicchia" era rivolto a Cavalcanti, non a Vieri de' Cerchi); la lettura di Boezio collocata durante l'esilio (perché il poeta "aveva bisogno di un amico", sic), invece che dopo la morte di Beatrice, come scrive lo stesso Dante in Convivio II, 12. E si potrebbe continuare. Dispiace che una casa editrice seria e gloriosa come Laterza si presto a pubblicare lavori così mediocri.
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