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Finito ieri sera la sua ennesima lettura. Io non lo volevo leggere, ma due settimane fa mi è ricapitato fra le mani... Sapendo benissimo che mi avrebbe ripreso, sapendo benissimo che probabilmente ogni tre pagine avrei avuto gli occhi lucidi e un nodo in gola mi ci sono rituffato. Cinque racconti, legati insieme da qualcosa. Secondo me la guerra come sfondo e un episodio del primo racconto a congiungere gli altri (almeno in parte). Il secondo racconto è un mix tra l'amore e la guerra. E il gioco di carte. Scritto a mio avviso bene questo racconto da il titolo al libro. E' raccontato dal protagonista principale anni dopo i fatti avvenuti nel 1966. Rende benissimo l'idea di come fossero i giovani, i loro pensieri, i loro amori, le loro paure. Secondo me il migliore dei 5, Cuori in Atlantide è a tratti straziante. Il terzo racconto descrive una giornata "tipica" di un reduce del VietNam. Il quarto è un dialogo (con se stesso prima di tutto) di un reduce davanti al feretro di un altro reduce. L'ultimo è un ritorno, inaspettato, dove i protagonisti della prima storia vengono riproposti. Invecchiati di 40 anni. Mi da sempre un sacco di emozioni leggere questo libro, sopratutto il secondo racconto. Non è il classico SK, ma con la Torre Nera mi ero già abituato e far paura non è la sola cosa in cui sia maestro.
Mi ritrovo a scrivere un'opinione differente da quelle precedenti. Le storie narrate sono forti, ogni personaggio viene descritto in modo chiaro, ce l'hai lì davanti e te lo immagini, nella sua solitudine e nella crudezza delle esperienze vissute. Ma non ho percepito un trasporto emotivo, non mi sono commossa, non ero curiosa di arrivare alla fine e di divorare il libro, rileggerne alcune parti, senzazione che molti romanzi invece trasmettono. Questo è il primo libro di King che leggo, noioso, freddo. Magari una seconda lettura, più avanti, mi permetterà di coglierne altri aspetti.
Lo ho letto e riletto qualche mese addietro, penso sia uno dei migliori di King. Diverso da molti suoi classici, per introspezione e profondità richiama alcuni tratti di Stagioni diverse, un altro dei suoi libri "anomali". La continuità che riesce a dare alle diverse storie sottintende un'abilità narrativa superiore, e il finale, che in molti dei libri di King si è rivelato il punto debole (It e L'ombra dello Scorpione sono libri splendidi ma con finali raffazzonati) in questo caso è veramente struggente, lascia con le lacrime.
Recensioni
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In quest'ultimo romanzo, apparentemente al di fuori dei suoi schemi consueti, Stephen King affronta con straordinaria abilità narrativa uno dei capitoli più drammatici e oscuri della storia del secolo scorso: la tragedia del Vietnam. I cinque racconti interdipendenti che compongono il libro richiamano in vita, con un turbinoso affastellarsi di incubi e visioni, orrori e fantasmi del passato, ma soprattutto, superando la mera rievocazione della tragica realtà, puntano all'evocazione dell'eternità attraverso la storia. Per il "re del brivido" il nesso tra l'una e l'altra corre sul filo delle scelte morali ed etiche dell'uomo, per quanto sofferte, incomplete e inconsapevoli possano essere, proprio come quelle dei personaggi scaturiti dalla sua vena creativa. E così, come accade negli episodi "Willie il Cieco" e "Perché siamo finiti in Vietnam", chi cerca o subisce l'orrore senza opporvisi ne viene perseguitato o diventa orrore egli stesso. Chi invece lo combatte, come in "Uomini bassi in soprabito" e "Cuori in Atlantide", offre a sé e agli altri la possibilità di un'alternativa al male e attinge alla consolazione e alla speranza che gli permettono di gettare le basi di una propria identità.
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