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"Lo cunto de li cunti" è un assoluto capolavoro della letteratura barocca napoletana. Il linguaggio è incredibilmente ricco, metaforico, immaginifico (altro che D'Annunzio), capace di una irresistibile forza espressiva quasi perduta nel napoletano contemporaneo imbastardito dai mezzi di comunicazione di massa, e mai esistita nell'italiano. Buona la qualità della traduzione che però paga l'inadeguatezza dell'italiano nel rendere il fuoco d'artificio linguistico del napoletano del '600, quindi chi può (campani in genere, irpini in particolare, lucani, pugliesi di capitanata...) farà bene a leggere il testo originale. Ho trovato impressionante ritrovare nel linguaggio popolare di quattrocento anni fa molte espressioni idiomatiche che mio nonno usava ancora negli anni '70 del novecento. E che a me sorgono spontanee alle labbra ancora oggi, quando qualche particolare situazione me le evoca! PS. Se avete già visto il film di Garrone e lo avete trovato insulso, non lasciatevi ingannare: i racconti sono rielaborati in maniera discutibile e la sceneggiatura non ha neppure provato a rendere la ricchezza del linguaggio di Basile. Il libro è difficile, ma se sei un meridionale che conosce il proprio dialetto, è tutta un'altra musica!
Un elemento prezioso della tradizione italiana.
Anche chi conosce il napoletano ha dei problemi oggettivi a comprendere “lo cunto de li cunti”, perchè la lingua usata è antica e i termini di difficile comprensione. La versione Garzanti con testo italiano a fronte è eccezionale, poiché ti consente una lettura agevole ed efficace: una vera manna! Ciò che non mi garba è, invece, la forma praticamente cubica che ne rende difficoltosa l'apertura delle pagine, specie di quelle centrali.
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