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Il libro è a tratti comico, a tratti commovente. A tratti profondo, a tratti goliardico. Lo trovo un libricino che non lascia il segno, ma piacevole.
davvero un bel libro, a tratti esilarante, strappa più di un sorriso, anche se con un pò di cinismo. personaggi fantastici, sviluppati molto bene. da leggere senza dubbio!
Secondo me non hai livelli di Terra e La compagnia dei celestini però come sempre bellissimo.
Recensioni
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(recensione pubblicata per l'edizione del 1986)
recensione di Nicolini, R., L'Indice 1986, n. 7
Stefano Benni fece letteralmente irruzione nella mia vita nel giugno del 1979, in occasione del primo festival internazionale dei poeti di Castelporziano. Come pseudo-Ginsberg pubblicò sul "Manifesto" un mantra di Nicolini: tanto credibile che il "Messaggero" lo riprese attribuendolo tout court al poeta americano. Così lo lessero mia madre e mio zio Giorgio: che mi telefonarono immediatamente, a breve distanza l'uno dall'altro, preoccupatissimi per via del verso "Nicolini si buca sovente". Ho raccontato questo aneddoto perché mi sembra rivelatore di alcune delle caratteristiche di Benni scrittore. In primo luogo una capacità imitativa estremamente scorrevole, che è esattamente l'opposto della superficialità in periodi come il nostro, segnati inevitabilmente dalla convenzionalità dei mass media. Se il linguaggio è sempre più convenzionale, e inutile ricercarne inesistenti profondità: il lavoro di uno scrittore come Benni consisterà piuttosto in un'opera di lievi spostamenti, che spingeranno la euforica allegria della superficialità verso imprevisti effetti di straniamento, e di ironia, di tipo surrealista. Forse qualcuno ricorderà i racconti del primissimo Benni sul "Mago", che hanno poi dato origine a Bar Sport.
Ci separa però da quegli inizi circa un decennio. Ed è non solo Benni a sentire la necessità di nuove sperimentazioni in particolare l'esigenza di misurarsi con una narrativa più complessa, con la dimensione del romanzo. In "Comici spaventati guerrieri" la traccia mi è sembrata essere addirittura quella, particolarmente impegnativa, del Gadda del "Pasticciaccio brutto di via Merulana". Anche in questo caso si tratta di un romanzo poliziesco nel corso del quale il tradizionale meccanismo del romanzo poliziesco, quello della ricerca e della scoperta dell'assassino, perde progressivamente di interesse non tanto per il lettore quanto per l'autore. Come in Gadda risultava evidente la condanna morale del generone romano e del fascismo, cos¡ in Benni è evidente la condanna degli emergenti del Condominio sul Bessico, più milanese che romano.
È poco interessante sapere chi ha ucciso materialmente Leone l'Allegro, che irritava i padroni perché sorrideva e non se ne capiva il motivo, quando avrebbe potuto essere indifferentemente il trafficante d'armi, o lo spacciatore, o "la portinaia perché gli pestava l'erba". Come Gadda, Stefano Benni assume, in un mondo in cui questo non è più di moda, i tratti del moralista per la sua fedeltà ad una visione del mondo, che ovviamente non è quella di Gadda ma piuttosto analoga a quella che era di moda nell'"indimenticabile" '68.
Il riferimento della struttura del romanzo a Gadda è particolarmente interessante perché depurato di ogni elemento mimetico, banalmente imitativo. Come è facile intuire, il linguaggio di Benni resta esattamente opposto a quello di Gadda, allusivo ed immateriale quanto l'altro era descrittivo e materico. Benni tende infatti a mascherare da favola ogni realismo. In questa intenzione leggo una seconda traccia significativa. Penso ad una certa letteratura sudamericana, in particolare al "Diario della guerra al maiale" di Bioy Casares, ricordato del resto dal protagonista Lucio Lucertola, professore in pensione, anziano come è anziano, ed anche lui minacciato-spinto alla morte dall'oppressione della società contro gli anziani, il protagonista del romanzo di Bioy Casares. O ai "gialli" di H. Bustos Domecq, scritti a quattro mani da Borges e Bioy Casares.
Comunque, la ricerca di Benni trova i suoi principali fondamenti in Benni stesso, che rimane, anche come romanziere, uno che sa scrivere per i giornali e non rinnega questa sua qualità. Pone in cima al romanzo uno straordinario effetto di lontananza, in cui il nostro presente è visto come se fosse guardato da lontane epoche future, che chiameranno la nostra era "del Vecchio con la caffettiera (dal nome del più antico reperto trovato)". "Il paesaggio era molto diverso dal nostro. In agglomerati di abitazioni chiamati città vivevano milioni di uomini entro case altissime e uguali". E poi, all'interno di queste coordinate, sa esercitare, sempre con controllo e con misura, sapendo bene che la battuta è efficace quando non la si ricerca continuamente, le sue notevoli capacità di inventore verbale e di finissimo umorista. Se l'umorismo è la consapevolezza della distanza tra le nostre aspirazioni ed il nostro comportamento, bisogna saper osservare, con affetto ma senza sentimentalismi, la cronaca e la quotidianeità come sono e non come le vorremmo. Saper registrare, ad esempio, otto anni dopo Castelporziano, l'"Estate Astuta, manifestazione che ogni anno riconcilia i cittadini con la città, dà adito a polemiche, rivitalizza (per alcuni), logora (per altri), i monumenti del centro storico...".
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