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Un brandello della grande guerra vista e vissuta e raccontata da un grande artista, tramite la penna di uno scrittore nonché valente architetto. Nel contempo ci viene raccontata l'epoca di formazione del movimento futurista, con tutti i migliori artisti di quel periodo. Il romanzo che ho molto apprezzato, mi ha permesso di conoscere il Sant' Elia di cui non avevo mai sentito parlare, purtroppo. Ottimo libro
Gli anni corrono veloci e del passato, soprattutto quello che non ci ha visto presenti, spesso e volentieri abbiamo solo alcuni cenni, i più importanti, i più significativi. Proprio per questo credo che pochi sapranno che cosa sia stato il futurismo, un movimento d’avanguardia letterario, artistico, culturale e musicale nato in Italia nel primi anni del secolo scorso (il Manifesto Futurista è del 1909), con cui si esaltava la tecnica, con una fiducia illimitata nel progresso, considerando decadute le vecchie ideologie, sbeffeggiate con l’epiteto “passatiste”; inoltre era presente e forte l’esaltazione del dinamismo, dello spirito guerriero, e della guerra, considerata purificatrice. E infatti fra gli accesi sostenitori della Grande Guerra ci furono appunto i futuristi. Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giacomo Balla, Gino Severini, Luigi Russolo furono i firmatari del manifesto e ad essi successivamente si aggiunsero altri, fra i quali Antonio Sant’Elia, architetto, a cui si deve un manifesto futurista dell’architettura e che, nella sua pur breve vita, ideò una miriade di progetti avveniristici. Non è probabilmente un caso se Come sugli alberi le foglie, un romanzo storico che richiama una celebre poesia di Ungaretti, sia stato scritto da Gianni Biondillo, giallista di buon livello, ma anche di professione architetto. All’inizio della lettura ho avuto l’impressione che l’autore avesse come scopo solo il tema del futurismo, ma mi sono dovuto ricredere, perché questa piacevole opera è soprattutto contro la guerra. Consigliatissimo.
Biondillo, a un secolo di distanza, racconta la Grande Guerra scegliendo come protagonisti alcuni energici rappresentanti del Futurismo: hanno nomi famosi, come Carrà, Erba, Boccioni, Sironi. “Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno” proclamava il Manifesto di Marinetti. È così che quei ragazzi si sentono Interventisti e decidono di arruolarsi volontari, per poi finire sul Carso, nelle trincee, dove scoprono la vera faccia della guerra, quella che ci racconta Ungaretti, quella dell’uomo “presente alla sua fragilità”. Brutalmente comprendono che la guerra non è il gesto eroico, ma la paura, l’orrore, la fame, la morte… Questo romanzo è un quadro di civiltà da leggere assolutamente.
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