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Anno edizione: 2016
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«A questo mondo la violenza è una sorta di fatalità. In un Paese sottosviluppato come il mio, la violenza è esteriore, epidermica, è presente in ogni momento della vita individuale, è la radice di tutti i rapporti umani.»
Cosí rispondeva l'autore a chi, al momento della pubblicazione, gli chiedeva se La ciudad y los perros – bruciato in piazza dai militari, considerato dalla critica il migliore tra i suoi romanzi, – fosse un romanzo «sulla violenza». E la violenza – fisica e non – fa da sfondo al microcosmo del Collegio Leoncio Prado di Lima dove avviene l'educazione del protagonista-alter ego dell'autore. Un collegio retto da militari secondo una disciplina militare in cui confluiscono sia i figli delle classi inferiori ammessi per merito sia quelli delle classi alte mandati lí dalle famiglie nella speranza di domarli, e dove la sopraffazione, la forza bruta, il dispotismo sono le leggi della convivenza, a dispetto di regolamenti e norme. «Ero un bambino viziatissimo, presuntuosissimo, cresciuto, faccio per dire, come una bambina... Mio padre pensava che il Leoncio Prado avrebbe fatto di me un uomo, – ricorda Vargas Llosa, – ma per me fu come scoprire l'inferno.»
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Nel giorno in cui ci ha lasciato e con il suo primo stupendo libro voglio onorare la memoria del grandissimo Mario Vargas Llosa, scrittore di livello mondiale a mio parere massimo esponente della letteratura sudamericana, solo un paio di mesi fa ho letto il suo piacevolissimo ultimo romanzo "Le dedico il mio silenzio". Don Mario ci mancherai.
Sono rimasto ammaliato dalla tecnica narrativa "insolita", fatta di continui flashback, cambi di scena e variazioni dell'io narrante: la seconda metà del libro l'ho letteralmente divorata. Grande romanzo, pieno di vita...
Dov'è scritto che l'età adulta insegni davvero e che i gradi cuciti su una divisa siano garanzia di disciplina? Forme e regolamenti stretti sono spesso logore parole in mano a gente che non vuole problemi, mentre le strade inquiete dei cadetti, lì in quel collegio, diventano autentica biografia di istinti e disobbedienze all'ordine, di trucchi, espedienti e risse fra reparti, in una chiara volontà dei più grandi di primeggiare e dei più piccoli di resistere. Sono precetti che si innestano presto nel racconto innervando da un lato storie di alleanze e amicizie, di confidenze e segreti, ma dall'altro anche la gratuità di violenze durissime, di torture e "battesimi", tradimenti e consegne, e il tutto sotto il ruvido ammonimento che "per un uomo i coglioni sono più importanti dell'anima". Ma fra le maglie di quel cosmo rinchiuso la sorte un giorno apre una falda tragica, una morte. Fatalità? Incidente? Delitto? Il polverone sconvolgerà gli oziosi piani alti, quei potenti ufficiali che da sempre preferiscono addolcire e addormentare una grana piuttosto che esplorarla con animo onesto. E metterà uno di fronte all'altro i due perni della vicenda, il Poeta e il Giaguaro, indimenticabili ragazzi tagliati ad arte in un loro senso della morale, del giusto e dell'insano, due magnifiche e inquiete lastre interiori che spingeranno ogni loro fibra fino a un corpo a corpo. La storia sarà la loro. "Ingannevoli e frugali, le parole si spingevano fin sull'orlo delle labbra e lì retrocedevano, o morivano come oggetti di fumo". Chi dei due ha ragione? Quale versione dei fatti prevarrà? Etica e cattiva coscienza, partita difficilissima. Ma solo gli anni potranno dire alla fine qual'era il tragitto esatto, il raggio di sentimento che ispirava le azioni. Lì, come in una tensione assestata, sapremo tutto, e pur dentro quel male commesso e confessato - ecco la grandezza - sentiremo in esso la sottile intensità di qualcosa che non stona, non disturba. Capiremo ogni cosa, fino a commuoverci.
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