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Anno edizione: 2020
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"Solo ora ho scoperto che tu, Ardito, ami gli uomini in Dio, e non Dio in ogni singolo uomo". Questo è il tormento di Don Ardito, protagonista del romanzo Il cielo e la terra di Carlo Coccioli, che non trova la via per servire Dio, il cielo, su di una terra popolata e regolata da individui e leggi terrene, completamente slegate dalla Parola. Così la sua vita, e la narrazione, si divide in tre parti, tre tentativi di trovare una strada percorribile per arrivare al traguardo del servire Dio in terra. L’angoscia del prete è autentica sofferenza, umana, ed anche per questi cedimenti alla natura terrena di sé, lui si colpevolizza.
Tra le prime opere di C.C., scritta con stile ottocentesco e non immune da alcuni difetti di punteggiatura (nonostante l’autore, nell’edizione del ’71, l’abbia rivista e corretta), narra della tormentata figura di don Ardito, prete anomalo tacciato di comunismo e, sul finire, di collaborare sia coi partigiani sia coi tedeschi. Figura ambigua quella di don Ardito, che il lettore difficilmente potrà, al pari dei suoi più o meno fedeli, amare, tanto contraddittoria quanto possente, a patto di non porsi troppe domande, o di porsele ma senza la pretesa di avere facili risposte ché già la religione cattolica è imperniata sul senso di colpa, in più il protagonista aggiunge un forte senso di colpa propria, di irrisolta insoddisfazione che lo porta ad autoflagellarsi sia fisicamente sia moralmente, tutto teso alla scoperta del significato vero e ultimo dell’amore. Nonostante alcuni passi altrettanto tormentanti, poco chiari e come ricurvi su sé stessi, il romanzo non lascia indifferenti. Certo non è scritto con la scrittura (ahinoi) piatta, da compitino in classe grammaticalmente corretto per carità, che oggi va per la maggiore, comunque priva dell’energia che invece qui trapela, una verve che stupisce e lascia il segno.
Recensioni
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