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Anno edizione: 2022
Anno edizione: 2022
Anche chi non se la sentisse di condividere le convinzioni di Aldi Capitini sulla "compresenza dei morti e dei viventi" (ma è lui e alla sua presenza che questo libro è dedicato) sa che "parlare con i morti" è una tentazione diffusa, e un'abitudine (o necessità) più consolante che angosciante. Goffredo Fofi, a 85 anni e con una lunga fila di "suoi" morti alle spalle, ha voluto ricordarne alcuni, non sempre noti e però esemplari di una vicenda in cui il privato e il pubblico si sono mescolati, confusi.
«Muore giovane colui che gli dèi amano» – Menandro
Seguendo Menandro e l'antica convinzione che gli dèi prendono con sé i giovani che possono allietare la loro noiosa e olimpica vita – se l'eternità è vita... – Fofi evoca i "morti giovani" di più generazioni ed epoche, dal tempo della guerra e della Liberazione, dalla sua provincia d'origine e da Roma, agli anni di prima e dopo il '68 e fino a oggi, da Palermo a Firenze e da Torino a Parigi e da Milano a Napoli; evoca quelli che sono stati per lui i lutti più amari, le morti più ingiuste, le vite che più gli mancano; evoca giovani morti per mano fascista o ingenuamente ribelli uccisi dalle "forze dell'ordine", e le morti più tristi e più ingiuste e misteriose, per propria mano, dei disillusi dall'esistenza. Ma tornano in queste pagine anche persone non giovanissime ma morte anzi tempo, anche per malattia, quando ancora tanto avrebbero potuto dare agli altri – agli amici e al paese. Noti o sconosciuti non cambia, ma ben noti e molto amati da chi oggi li evoca e sente e continua a sentire la loro mancanza. I migliori? Forse sì; per l'autore e molti, non solo per lui, sono figure degne di ricordo, perché mosse dalle ansie più giuste. Nella convinzione che nessuna vita dovrebbe essere sciupata, e che tutte dovrebbero avere un senso e un fine.
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Che ci vuole? Nel 1991 Grazia Cherchi (1937-1995) pubblica un delizioso libretto, poche pagine dedicate al mondo dell’editoria ed altre, sempre spassose, incentrare su curiosità e stranezze accadute sui mezzi pubblici. In un racconto, "Il consulente editoriale”, si riconosce Goffredo Fofi, rinominato per l’occasione, Vincenzo. Sicuramente siamo a Milano e Grazia ha un appuntamento con Vincenzo, nell’appartamento di Via Lazzaro Palazzi. “Da dietro la porta lo sento battere a macchina. Impossibile non sentirlo è una mitragliatrice umana, vincerebbe tutti i concorsi per dattilografo sul territorio nazionale.” E ancora: “Perché tale è Vincenzo, una pignatta sempre in ebollizione, di una vitalità meravigliosa ma talvolta stremante per gli altri.” Dopo una riunione con una casa editrice, che li aveva convocati per trovare idee per una nuova collana, Vincenzo dice: “Ora devo lasciarti, corro a fare la spesa. Ho a cena i veterinari.” “Volete venire anche voi?” chiede agli editori? “Vi faccio due spaghetti all’aglio, olio e peperoncino. Che ci vuole?” Goffredo Fofi ha trascorso un’intera vita viaggiando, soprattutto in Italia, conoscendo moltissime persone, scrittori, registi, attori e attrici, gente del teatro, della musica, della politica. Ha vissuto a Gubbio, Palermo, Napoli, Torino, Milano, Roma. In questo libro racconta di “cari agli dei” che giovani o meno giovani sono passati a “miglior vita”. Chi ha curato il libro forse avrebbe fatto meglio ad inserire le date degli scritti e le fonti. Ed evitare di ripetere la storia di “Pasticca”.
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