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Anno edizione: 2018
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Racchiude perfettamente in centoventi pagine (circa) il tipico stile di scrittura di Bernhard: ossessivo, labirintico e con ragionamenti 'a spirale'. Un piccolo ma potente ordigno esplosivo.
Il racconto, un lungo soliloquio di Oehler mentre cammina per le strade di Vienna, è scritto con uno stile asciutto, labirintico, martellante, ossessivo (mi ricorda il Boléro di Ravel), serrato, senza sosta che avvolge, affascina e non dà tregua al lettore. Un ottimo libro.
La malattia come osservatorio e laboratorio di visioni: ovviamente telescopiche ed ovviamente microlineari. L'impareggiabilità del dolore, lo sgomento (nel migliore dei casi non addomesticabile) per la rozzezza umana, il "trapassatoio" ospedaliero - della Salisburgo postbellica trapassata - e quello a quattro stelle di Grossman che ricordano - naturalmente e non vagamente - il mondo: questo camminare. Ve lo consiglio.
Recensioni
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Thomas Bernhard, il senso errante
di Andrea Santurbano
Nella sintassi musicale, il da capo indica la necessità di ripetizione di un pezzo, e i due punti sullo spartito ci invitano a tornare indietro, indicando l’episodio da rieseguire. In modo similare, certa letteratura fa scorno alle grammatiche tradizionali utilizzando questo segno di interpunzione alla fine, come indice di apertura o differimento, ma anche, a ben pensare, come invito ad un ricominciare daccapo, potenzialmente infinito. I due punti, ad esempio, li troviamo in chiusura dell’Hilarotragoedia di Manganelli o della Storia seguente di Cees Nooteboom (chissà perché omessi nell’edizione italiana!), a suggerire fors’anche una circolarità della lettura, una possibilità infinita di ricominciare, un inseguimento costante alla logica del senso. In Thomas Bernhard, al contrario, due punti così non li troviamo mai, eppure è come se la sua trama verbale fosse spesso segnata da questo da capo, intessuta com’è di continue ripetizioni e variazioni che si susseguono ininterrottamente sulla pagina. Camminare, in tal senso, è un libro capitale: uscito nel 1971, ha atteso per ben 47 anni una traduzione italiana, finalmente pubblicata da Adelphi nella versione di Giovanna Agabio.
Se il camminare, col suo ciclo ritmico, ripetitivo, rituale, replicato ogni giorno da chi ne fa una prassi igienica e mentale, già di per sé ricorda l’esecuzione ripetuta di una partitura, per l’autore austriaco scomparso nel 1989 questo gesto assume le vesti di una vera e propria sclerotizzazione della ragione e del linguaggio, nello scenario dello spazio urbano di Vienna. «Mentre io, prima che Karrer impazzisse, camminavo con Oehler solo di mercoledì, ora, dopo che Karrer è impazzito, cammino con Oehler anche di lunedì»: così recita l’incipit, praticamente l’unico passo in cui l’io narrante parla in prima persona, che prelude ad una martellante sequenza di discorsi terzi riportati senza pause sino alla fine. Siamo lontani dalla wanderung romantica, dal passeggiatore che cerca una riappropriazione del mondo e della realtà attraverso un’immersione nei sensi, o dal camminare come pratica estetica: qui, il piccolo stradario tracciato attorno ai personaggi li incastona in confini inesorabili e ineludibili. Siamo lontani anche – qualcuno lo ricorderà – dalla Vienna crepuscolare, popolata da strambi personaggi, che fa da sfondo alla conversazione ininterrotta, o quasi, della giovane coppia, interpretata da Ethan Hawke e da Julie Delpy, in Prima dell’alba, film del 1995 che originerà una fortunata trilogia. Eppure, le sequenze finali della pellicola, nel riproporre gli scorci mestamente vuoti che prima ospitavano il serrato dialogo dei protagonisti, vengono accompagnate da una sonata di Bach, autore caro a Bernhard, di cui peraltro la colonna sonora offre una delle Variazioni Goldberg, significativamente al centro del Soccombente, la bellissima «variazione» (tanto per rimanere in tema) romanzesca di Bernhard, ispirata alla figura di Glenn Gould.
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