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Il protagonista è un professore di filologia romanza con cui ripercorriamo la sua vita costellata da dolori, gioie, errori e rimpianti, mentre si prepara per un'importante premiazione all'università. Avevo delle aspettative abbastanza alte su questo libro ma sono rimasto un po' deluso. L'ho trovato abbastanza confusionario, i flashback non seguono un andamento cronologico e le parti che mi sono piaciute ricalcavano troppo “Stoner” di John Williams, a cui questo libro somiglia fin troppo.
Un grande Cristovão Tezza, dalle parti di Proust, dove la memoria brucia e si liquefà. Il prof. Heliseu da Motta e Silva alle prese con il bilancio della sua vita, a un certo punto sembra non riuscire più «nemmeno a distinguere le mie frasi da quelle altrui.» E prova a spiegare la Bellezza a un ragazzo brillante: «Perché la bellezza si conquista, spiegò: ha bisogno di essere scoperta, amata e coltivata. È una conquista. La bellezza non cresce sugli alberi. Scusi professore, ma se la bellezza è una conquista esiste già, vero? Basta trovarla. Non sarebbe meglio dire allora che la bellezza è inventata? Ovvero, gli oggetti stanno indifferenti di fronte a noi, che ne inventiamo la bellezza.»
Dalla nascita della lingua lusitana ad oggi, o meglio, alla vita del prof Heliseu. Provato costantemente dai sensi di colpa e dalle occasioni perse. Il primo storico lo ha avuto con la moglie Monica, a seguire con l'attuale compagnia e ora con il figlio Eduardo "Dudù", allontanato perché omosessuale. Nel corso dell'opera vengono inseriti in pillole considerazioni sulla lingua portoghese e su quella brasiliana. Un espediente interessante per i filologi e per i parlanti della lingua, ma che risulterà vano perché si confonde con il flusso di coscienza assai nebuloso del protagonista. Spesso disoriente perché eccessivo e autocompiacente. Inconcludente per alcuni aspetti. La caduta delle consonanti intervocaliche poteva ergersi come un grande tributo per l'idioma portoghese, ma che risulta d'essere un ritratto confuso di un logorroico in piena crisi esistenziale.
Recensioni
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Il giorno in cui l’Università rende omaggio alla sua carriera di studioso, il professore di filologia romanza Heliseu da Motta e Silva si risveglia da un sonno agitato. Tra le sue “angosce mattutine” c’è non solo l’ansia per la cerimonia, l’incertezza su quello che dirà nel suo discorso, ma la percezione fisica del “disastro progressivo” dell’età che incalza, il senso di colpa per un figlio poco amato e il ricordo bruciante delle due donne della sua vita. Tutto questo ribolle nel monologo inarrestabile, lungo quanto tutto il romanzo di Cristovão Tezza, tra i maggiori scrittori e saggisti brasiliani contemporanei. (…)
Nel nuovo romanzo, rivolgendosi a un pubblico immaginario, in cui entra perfino l’ispettore Maigret, il professore Heliseu tenta il bilancio di una vita, assumendo a tratti il tono della confessione o dell’autodifesa. E come nel monologo di Molly Bloom nelle ore successive al risveglio la sua mente è invasa da sensazioni e ricordi e specialmente dalla memoria fisica ancora vivissima delle due donne che ha amato (…). Il romanzo è un abilissimo montaggio di piani temporali, stili, toni, lingue, giochi di parole: la letteratura e la filologia sono il terreno privilegiato in cui Heliseu esercita la memoria e le sue capacità di autoinganno, trovando sempre nella citazione giusta una maniera per “addolcire il peso della realtà”, qualcosa tra la valvola di scarico e il perno intorno a cui ruota il senso stesso della sua vita. Uno spazio in cui si raccolgono le voci della letteratura antica brasiliana e di quella europea, intrecciate alla trasformazione linguistica che portò a differenziare i parlanti portoghesi dagli spagnoli, la caduta della consonante intervocalica occorsa intorno all’undicesimo secolo: (…).
Questo spiega il titolo italiano di un romanzo molto più semplicemente intitolato nell’originale O professor, che offre anche una riflessione sul linguaggio, sulla sua verità sempre sospesa e le sue infinite variabili. Il racconto del professore, lucido arguto ironico, vola alto rispetto alle tragedie vissute, nel privato (…). Con un’ironia che non perde mai intensità Tezza mette insieme le esperienze intellettuali di Heliseu con le sue emozioni più profonde, così che nel professore, narcisista e compiaciuto, con il suo fastidioso intercalare “eheh” e la sua falsa coscienza, finiamo per riconoscere i tratti dell’uomo comune con le sue fragilità e le sue paure, dell’uomo solo di fronte alla vecchiaia.
Recensione di Paola Splendore
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