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Anno edizione: 2015
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Questo presioso libro (edito dalla splendida Orecchio Acerbo) è come un treno e un binario insieme: in parallelo un dolce e struggente racconto di Nadia Terranova su Bruno, un bambino speciale e normale, figlio e padre del padre Jacob arricchito dalle splendide tavole di Ofra Amit che cesellano un secondo racconto per immagini. Bruno Schulz da bambino insegue il padre, lo ammira, lo protegge, lo difende, lo ricorda soprattutto quando rimarrà solo, trasformando le sue infinite metamorfosi in ricordo e arte, in memoria artistica. Il treno è la sua fantasia, si corre e si matura verso l'infanzia, insieme a Bruno. Non lenendo nessun dolore, neanche i più atroci della vita e della storia. La tragedia è di chi non sa e di chi sapendo cerca, anche in buona fede, di dimenticare. Adatto ai bambini e ai ragazzi, lo consiglio solo agli adulti che non si credono già salvi perché ormai grandi.
Recensioni
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"Nessuno, là in Galizia, avrebbe mai pensato che quel bambino ebreo - incerto e impacciato per la grossa testa, schivo e introverso per carattere - sarebbe diventato uno dei più grandi scrittori europei. E neppure lontanamente avrebbe potuto immaginare la sua fine così tragica e assurda."
Meno conosciuto di Kafka, ma altrettanto importante per la storia della letteratura, Bruno Schulz - malgrado la sua produzione narrativa sia esigua - è senza dubbio uno dei più grandi autori polacchi del Novecento (forse il più grande). David Grossman di Bruno Schulz ha fatto nel suo Vedi alla voce: amore, un personaggio "fantastico e reale a un tempo".
Scrive Grossman nell'Introduzione del volume L'epoca geniale e altri racconti: "Da qualche tempo ho preso l'abitudine di rileggere, più o meno una volta all'anno, i racconti di Schulz. È una sorta di 'revisione periodica' per me, un modo di rinforzare gli anticorpi contro la tentazione di cadere nell'apatia e nella grettezza. Ogni volta che apro un suo libro mi sorprende come questo autore, quest'uomo, che raramente aveva lasciato la sua città natale, abbia creato un intero mondo per noi, una realtà unica nel suo genere, e come anora oggi, molti anni dopo la sua morte, continui a nutrirci con granelli di zucchero - e briciole di pane - per irrobustirci in previsione di un gelido e infinito inverno".
Nadia Terranova con le parole, e Ofra Amit con i disegni, ci raccontano la storia di Bruno bambino, adolescente e poi uomo. Un ragazzino con la testa grossa e tantissima fantasia, con un papà estroso, originale, imprevedibile, "mutante", che sapeva trasformarsi in un uccello dalle mille piume colorate e volare via: "anche se la testa greve gli rallentava il correre sobbalzando a ogni passo, lui trottava tutto il giorno per salvare il padre dai guai in cui si cacciava con le sue metamorfosi improvvise". Un padre che quando scompare lascia dietro sé un vuoto da colmare con parole e disegni, finché non arriva il Male deciso a ghermirlo per la "colpa" di essere ebreo. Ma non riuscirà a catturarlo perché Bruno ha imparato dal padre a volare.
Molti i riferimenti diretti ai racconti di Schulz, minori le citazioni artistiche nei disegni che non si rifanno in particolare a quelli dello scrittore (mentre evidenti sono le citazioni di altri artisti come Chagall), ma che li includono nell'immagine.
"I primordi del mio disegnare - scrive Schulz in una lettera - si perdono in una foschia mitologica. Non sapevo ancora parlare e già ricoprivo tutti i fogli e i margini delle gazzette di scarabocchi che destavano l'attenzione dell'ambiente circostante."
Nulla di meglio dunque, per ricordare lo scrittore sommerso, di un libro illustrato e semplice come questo.
E nessun autore più di lui può dirsi simbolo delle persecuzioni e centro della memoria a cui viene dedicata ogni anno una giornata speciale.
Lui, che chiude la sua esistenza a servizio di un ufficiale nazista, Felix Landau, nella sua Drohobycz occupata. Lui che comunque vuole sognare e dipinge sulle pareti della stanza dei bambini del gerarca affreschi ispirati alle favole dei fratelli Grimm destinando una parte anche a se stesso.
«Morì in un cosiddetto Giovedì nero, forse per una ripicca tra gerarchi nazisti ("Ho ucciso il tuo ebreo", "E io ho ucciso il tuo", si sarebbero detti due ufficiali, Karl Günther e Felix Landau), forse vittima, insieme ad altri bersagli casuali, di uno dei tanti massacri di ebrei. Ma, come sottolinea Grossman, "anche se ritenessimo la conversazione tra gli ufficiali pura invenzione, essa ci tocca nel profondo perché, malgrado tutto, è sostanzialmente fedele a una qualche verità tragica e ironica riguardante l'uomo Bruno Schulz, il suo senso di estraneità esistenziale, di impotenza, il suo modo di essere".»
«"Che è mai quest'epoca geniale e quando fu?" si domanda Bruno Schulz. E noi, suoi lettori, ci domandiamo con lui: c'è mai stata un'epoca di suprema ispirazione in cui l'uomo potesse tornare a essere bambino? In cui l'intero genere umano potesse tornare a essere bambino?» David Grossman
Recensione a cura di Wuz.it
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