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La storia segreta del duello in cui Puškin perse la vita.
«Il montaggio della Vitale è perfetto, generoso e stringente insieme. Da lettere, diari, memorie, rapporti della polizia segreta escono personaggi memorabili, frivole figurette, loschi maneggioni, spie, provocatori, potenti cortigiani, servi sciocchi. È la società stravagante e fastosa che ritroveremo in Tolstoj, ma è anche un coro del teatro classico: informatissimo e profetico, osserva impotente gli eventi precipitare giorno per giorno, ora per ora, dalla commedia, talvolta farsa, di costume, al compimento della tragedia entro un breve spiazzo sgombrato dalla neve, il 27 gennaio 1837» - FRANCO LUCENTINI
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Il bottone di Puškin è il frutto di sette anni di ricerca continua, tenace, fatta di viaggi in giro per l’Europa per consultare archivi statali, privati, raccolte di manoscritti in varie biblioteche, di Serena Vitale. Sette anni di analisi e studio di fonti primarie: memorie, diari, carteggi diplomatici e tante lettere (forse troppe). Il risultato è un ottimo saggio che avvince come un romanzo giallo, in cui Vitale assume il ruolo del detective a caccia d’indizi, di particolari e di segreti. Puškin è annoverato tra i più grandi romanzieri e poeti russi. Per sua sfortuna la sua esistenza incrociò quella di Georges d’Anthes, un francese di nobile ma sfortunata famiglia, che fu costretto a lasciare la Francia per aver sostenuto la causa del re deposto, Carlo X, e ad emigrare in Russia. Qui, a San Pietroburgo, ebbe un forte diverbio con Puskin, che sfociò in un duello, anche se all’epoca erano severamente proibiti dallo zar. La causa furono le sue lodi eccessive di Nathalie, la bellissima moglie di Puškin. Ci fu una sfida a duello. Puškin fu ferito all’addome e morì due giorni dopo per la grave infezione che ne seguì, mentre il francese fu ferito superficialmente ad un braccio, poiché il proiettile era stato deviato da un bottone dell’abito che indossava. Puškin era amatissimo e osannato in tutta la Russia e il suo funerale fu imponente, vi partecipò tutta la città. D’Anthès fu degradato a soldato semplice e spedito ai confini dell’impero. Ottimo romanzo, un po’ inficiato dalle troppe missive riportate e quindi un po’ troppo statico.
Dopo Majakovski, Serena Vitale si cimenta con Puskin. Se lì lo schema riprendeva quello tipico biografico, pure se con divagazione e deviazioni, qui il tema è più definito: la morte di Puskin a seguito di duello. Tutta la narrazione gira intorno a questo momento: c’è il prima e c’è il dopo. Al solito, la Vitale arricchisce l’opera con una valanga di documenti e scritti. Spesso e volentieri questa documentazione si contraddice, citando i fatti prima in un senso poi in un altro. Ne risente l’esposizione dei fatti che risulta a tratti confusa e poco chiara, ponendo ancora più dubbi sulla storia invece di chiarirla Eppure leggere questo libro, al netto di pause, oscillazioni e momenti di stanca (che non sono pochi) è a tratti piacevole. Racconta dettagliatamente di un mondo che è specchio fedele dell’epoca nella quale è ambientato, ed i cui i personaggi sono ben tratteggiati e inquadrati La Vitale cerca di equilibrare tra narrazione e documentazione, propendono a volte per l’uno a volte per l’altra. Si sforza di coinvolgere il lettore sia nel racconto che nella raccolta letteraria. Ci riesce solo in parte; riconosciamole una profonda passione per la letteratura russa e dell'ottocento in generale. Magari poi quel che manca ce lo mettiamo noi.
eccellente!
Recensioni
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