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Con voce tanto lucida quanto cinica Spike Lee offre potenti affreschi di puro entertainment
Colorado, anni Settanta. Ron Stallworth entra nel Dipartimento di polizia di Denver dopo la laurea. Fra i suoi primi incarichi c'è quello di infiltrarsi ad un incontro con il leader afroamericano Stokey Carmichael, dove Ron si imbatte in Patrice, una sorta di Angela Davis organizzatrice dell'evento e convinta sostenitrice del movimento di autoaffermazione black. È un risveglio per il giovane uomo che fino a quel momento sembrava non aver prestato troppa attenzione alla propria appartenenza razziale, nè troppo valore al proprio background etnico.Premi
Oscar 2019 - Migliore sceneggiatura non originale (Charlie Wachtel, David Rabinowitz, Kevin Willmott e Spike Lee)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Film ironico, fatto bene e sa come colpire il segno. Lascia un bel messaggio.
Un poliziotto afroamericano riesce ad infiltrarsi nel KKK. Tratto da una storia vera. Notevole la prova in regia di Spike Lee, non da meno quella degli interpreti protagonisti.
Una storia vera che ha dell'incredibile. Spike Lee è bravo a dargli un taglio cinematografico rifiutandosi di renderlo il classico dramma "tratto da una storia vera". Sbeffeggia i razzisti con l'ironia e le loro contraddizioni. Le scene finali slegate dal film spezzano la magia del cinema e, secondo me, potevano essere evitate. Il regista voleva forse ricordarci che tutto ciò esiste ancora?
Recensioni
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Con voce tanto lucida quanto cinica Spike Lee offre potenti affreschi di puro entertainment
Trama
Colorado, anni Settanta. Ron Stallworth entra nel Dipartimento di polizia di Denver dopo la laurea. Fra i suoi primi incarichi c'è quello di infiltrarsi ad un incontro con il leader afroamericano Stokey Carmichael, dove Ron si imbatte in Patrice, una sorta di Angela Davis organizzatrice dell'evento e convinta sostenitrice del movimento di autoaffermazione black. È un risveglio per il giovane uomo che fino a quel momento sembrava non aver prestato troppa attenzione alla propria appartenenza razziale, nè troppo valore al proprio background etnico.
‘BlacKkKlansman’: l’odio non se n’è mai andato. E Spike Lee è tornato
Il regista trasforma la vera storia di un poliziotto afroamericano che si infiltrò nel gruppo suprematista bianco negli anni '70 in un'atto d'accusa incendiaria nei confronti di quello che stiamo vivendo.
Su la testa: Spike Lee torna a sorprenderci con il suo miglior film da molti anni a questa parte: BlacKkKlansman non sfigura accanto a Fa’ la cosa giusta e Malcolm X nel pantheon dei suoi capolavori. Un film che fa ribollire il sangue nelle vene, per la sua raffigurazione di un razzismo che non si estingue mai.
Basato sulla storia vera di Ron Stallworth (John David Washington), mostra il modo in cui il primo poliziotto afroamericano di Colorado Springs e` riuscito a infiltrare il Ku Klux Klan, e fregarlo dall’interno. Siamo nel 1970, ma non e` un film storico. Sullo sfondo e` sempre presente l’America infetta e carica d’odio di Donald Trump e della destra che lo sostiene.
Stallworth viene spedito dal suo capo a lavorare in archivio, dove riceve insulti razzisti di ogni tipo. La sua occasione arriva quando gli e` assegnato un caso sottocopertura: deve andare, con un microfono addosso, a un incontro del sindacato degli studenti neri. A quel punto Ron decide di mettersi alla prova e rispondere a un reclutamento del KKK, usando la sua “voce da bianco”.
Dal vivo prende il suo posto il collega bianco (ed ebreo) Flip Zimmerman. Il loro lavoro di squadra e` centrale per tutta la durata del film, e funziona alla grande. Washington, figlio di Denzel, fa morire dal ridere nelle sue telefonate con David Duke (un grande Topher Grace,che personifica la banalita` del male). Adula e stuzzica il suo bigottismo, ne fa emergere la devastante solitudine umana. Driver fa il resto, detonando le contraddizioni degli uomini del Klan, come Felix, negazionista convinto. Corre un’infinita` di rischi, e sorprende per la qualita` della sua recitazione.
BlacKkKlansman rappresenta una corda tesa da Spike Lee tra il meglio e il peggio che l’umanita` possa offrire. Le scene di violenza del momento di climax, uno scontro tra il Klan e gli studenti neri, in cui i protagonisti sono coinvolti, sono disturbanti. Il finale e` dedicato ai fatti recenti di Charlottesville, in Virginia, una coda sull’attualita` che per alcuni non era strettamente necessaria. Sicuramente ci sono momenti in cui Lee cade nella caricatura, ma non ci sono dubbi: questo film e` il trionfo di un grande del cinema, che ha ritrovato il modo di fare sentire la sua potente voce.
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