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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Davvero interessante, il libro da cui si deve cominciare se si vuole conoscere la storia del cinema.
Una storia globale del cinema scritta accuratamente ed esposta in modo molto chiaro. Poiché conosco bene l'autore, che è il mio professore, posso senz'altro dire che se ne intende di cinema, e in secondo luogo è riuscito a rendere la lettura non solo istruttiva ma anche piacevole. Lo consiglio a tutti coloro i quali vogliano conoscere in modo esaustivo la storia del cinema.
Recensioni
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Sandro Bernardi ha scritto una storia del cinema che non sembra tale, soprattutto per la sobrietà e il tono apparentemente colloquiale dello stile di scrittura, invece inevitabilmente lo è. Il percorso va dal cosiddetto pre-cinema (i dispositivi ottici dal Seicento all'Ottocento) fino al postmoderno, ma un forte impianto interpretativo guida non solo la scelta dei film, approfonditi in apposite schede analitiche: l'intero racconto si snoda secondo la logica avvincente della battaglia.
L'assunto risulta chiaro, adamantino: il cinema ha disegnato, nei suoi poco più di cento anni, la storia di un linguaggio, il più innovativo e rivoluzionario del Novecento. Cosa è stato fatto con questo linguaggio? Moltissime le sue applicazioni, ma sostanzialmente due le configurazioni essenziali: mostrare con le immagini e attraverso di esse raccontare delle storie. Nella storia del cinema questo dualismo si propone come movimento a fasi alterne, di equilibrio e disequilibrio, di integrazione ed esclusione delle due prospettive. Alcuni esempi dal libro: nella fase delle origini si vuole essenzialmente mostrare la capacità delle immagini di significare di per sé, proprio come oggi (illuminante il capitolo, dal titolo paradigmatico L'impressione di irrealtà come cifra del cinema contemporaneo), mentre il cinema classico hollywoodiano è il trionfo dell'arte del racconto. Le avanguardie (sia le prime, degli anni venti, che le seconde, degli anni sessanta) disintegrano il suo ordine definito e il suo stile consolidato, mentre attingono a piene mani dalle fasi storiche in cui le immagini hanno dominato la narrazione.
Questa l'architettura, o meglio lo scheletro, di un libro ricchissimo che un'analisi essenziale e riduttiva rischia di illustrare poco efficacemente. Come in Il paesaggio nel cinema italiano, in cui la tensione verso lo studio della forma era già un invito al confronto serrato fra cinema e storia dell'arte (linea guida anche della precedente monografia su Kubrick), Bernardi non trascura neanche nei passaggi più descrittivi la dimensione estetica del cinema e tiene sempre presente la lezione di maestri come Warburg e Baxandall, ma in L'avventura del cinematografo guarda anche con rinnovato interesse alla dimensione storica. Quasi ogni capitolo si apre con un momento della storia del Novecento che il cinema illumina: l'Unione Sovietica dopo la rivoluzione d'ottobre e il cinema come festa dell'immaginario, forma rivoluzionaria della rappresentazione che esplode negli anni venti e nei decenni successivi si cristallizza e si stereotipa; l'America della grande depressione e il patto roosveltiano che compensa l'incertezza del presente con il sogno sullo schermo, che ridà all'individuo la fiducia di dominare il mondo attraverso lo stile del film classico, mettendo lo spettatore "nel luogo giusto e nel momento giusto"; il paesaggio di rovine della seconda guerra mondiale e la rottura dei codici espressivi operata dal neorealismo, uno sconvolgimento visivo pari alla devastante esperienza umana appena vissuta dagli europei.
Il lettore è condotto in un percorso che va dall'invenzione della lanterna magica a Kill Bill come se la storia del cinema non fosse che un avvincente susseguirsi di sperimentazioni, ripensamenti, impetuosi balzi in avanti e lenti riflussi dove il traguardo non si intravede mai ed è invece sempre presente il piacere della conquista: conquiste formali, espressive, artistiche, industriali, percettive, rappresentative, narrative. Ne emerge, in tutta la sua gigantesca statura, il secolo breve, e l'inesausta capacità del cinema di dialogare con esso provoca una sorta di smarrimento: il Novecento si srotola sotto gli occhi del lettore trasportato, grazie alle immagini dei film (anche fisicamente presenti, sono centoventidue i fotogrammi riprodotti), dalla dimensione dell'evento storico a quella del racconto audiovisivo che lo chiosa ma insieme lo esplicita.
L'avventura del cinematografo esprime un pensiero forte, ma lo fa attraverso una forma affabulatoria di semplicità adamantina: il suo autore mostra così un grande rispetto per ogni livello del sapere, dal grado zero del neofita alla massima competenza dello specialista. Ne sono un esempio alcune pagine dove concetti affatto banali vengono espressi con straordinaria forza argomentativa. Una di queste, che può essere utile citare a titolo di esempio, è dedicata al concetto di "mondo diegetico", quella particolare reinvenzione dello spazio e del tempo che mette in opera la sequenza cinematografica: "Nel cinema narrativo tutto il mondo è finto e se non lo è lo diventa, a partire dal montaggio (
). Ogni realismo diventerà illusione e ogni finzione sembrerà vera. Per questo motivo è anche opportuno che il mondo virtuale creato dal film si chiami mondo diegetico, invece che mondo immaginario: di solito infatti il mondo immaginario si contrappone a un mondo reale, mentre nel cinema tutto è immaginario, anche i luoghi veri, anzi soprattutto quelli". Parafrasando Bernardi, nella sua storia del cinema tutto è significativo, anche le tappe obbligatorie, anzi soprattutto quelle. Cristina Jandelli
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