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"Aristotele e il giavellotto fatale" (1980, ma da noi arrivato solo nel 2000 grazie alla Sellerio che pubblica tutti i volumi della serie) è il secondo libro della serie su "Aristotele detective". Questa era la seconda e ultima opera che la scrittrice canadese Margaret Anne Doody aveva scritto prima di ritirarsi per colpa dello scarso successo. Quando i due volumi su Aristotele vennero tradotti in Italia nel 1999 diventando un autentico caso letterario, la Doody ha ripreso la penna e oggi la serie è arrivata a un totale di dodici numeri. In questo fulminante racconto lungo (scritto in prima persona da Stefanos, una sorta di Watson ben più discreto) Aristotele deve risolvere un delitto da "camera chiusa" avvenuto in una palestra della antica Atene del IV secolo a.C., dove un ragazzo è stato ucciso da un giavellotto. Per risolvere questo caso criminoso il filosofo stagirita dovrà applicare le ferree leggi della sua logica deduttiva alla fisica dei luoghi naturali. In questo insolito thriller, come nel caso di Sherlock Holmes anche per Aristotele vengono prima gli indizi, poi le deduzioni. Vanesio come Holmes, la sua attenzione per il taglio di capelli, e per i cappelli, in questo caso potrebbe fare la differenza...
Se si cerca un classico "giallo", allora è meglio evitare la lettura dei romanzi della Doody, dove la trama "noir" è un pretesto narrativo intorno al quale ruota una descrizione robusta, rigorosa, capillare dell'Atene e della Grecia ai tempi di Aristotele. Filosofia, storia, costume, società raccontate con dovizia di particolari, arguzia, con tematiche che saranno apprezzate soprattutto da chi ama il pensiero classico filosofico e la storia della Grecia. Da leggere e gustare lentamente, immergendosi totalmente, con Aristotele, nel 335 a.C., apprezzandone ogni risvolto culturale.
libro tascabile, lettura scorrevole e appassionante
Recensioni
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Doody, Margaret, Aristotele e il giavellotto fatale, Sellerio , 2000
Doody, Margaret, Aristotele detective, Sellerio , 1999
scheda di De Federicis, L. L'Indice del 2000, n. 12
In una pagina dedicata a scienza e filosofia, e all'interno di una riflessione sul ritorno all'antico e su certi stereotipi e vecchie maniere, Francesco Adorno sul "Sole - 24 Ore" (domenicale del 23 luglio) recensiva l'Aristotele detective parlandone invece assai bene, come di una monografia "solo ora tradotta in italiano dalla Sellerio", anzi "un'operazione consapevole sulla logica di Aristotele" sebbene in forma di (con virgolette) "romanzo giallo". Si tratta in verità di un giallo autentico, già schedato sull'"Indice" di febbraio da Giulia Visintin: un vecchio Giallo Mondadori, il numero 1652, attestato dal catalogo storico fra lo sconosciuto Nathan Gottlieb e un Ed McBain. Alla prima uscita, nel 1980, si presentava alla buona, con i tagli che lo adattavano alla praticità del (rimpianto) periodico. Nessun'eco allora, nessuna notorietà. Passando dalla veste economica della stampa settimanale agli ornamenti dell'editoria sofisticata, il restaurato Aristotele s'è arricchito di due presentazioni, di Beppe Benvenuto ed Emanuele Ronchetti, che hanno raccolto le scarse notizie disponibili sull'autrice: canadese di nascita e accademica di mestiere in varie sedi, fino alla Vanderbilt University (dove ha avuto un suo posto nel sito) e all' ateneo di Notre-Dame nell'Indiana dove attualmente lavora. Poche aggiunte vengono ora dal breve racconto Aristotele e il giavellotto fatale, tradotto in italiano davvero per la prima volta (a quanto se ne sa) con premessa di Benvenuto e nota conclusiva di Luciano Canfora. Si tratterebbe di un'inchiesta basata sulla Fisica del filosofo, mentre la prima era dedicata alla Metafisica e la terza, in corso di pubblicazione, lo è alla Poetica. Così annuncia la quarta di copertina. Ma il lettore arguto non si lascerà intimidire, sapendo che i gialletti di Margaret Doody restano amabili e possono dare, a chi lo apprezza, il lento piacere del ragionamento indiziario.
(L.D.F.)
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