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Consigliato dall'insegnante a mio figlio liceale, letto da me per curiosità. Riflessioni quanto mai attualizzabili e attuali su temi perennemente discussi nei Tg e programmi di discussione (Giustizia, Pena, Moralità, Necessità, Politica, Etica, etc.), interrogativi a cui personalmente si cerca ogni giorno di dare una risposta sulle scelte governative e personali di fronte alle difficoltà in ogni tempo presenti. Riflettiamo, riflettiamo, riflettiamo.... prima di decidere
Una delle tragedie greche più ricche di emozioni. Antigone è un'eroina antica, ma anche moderna, dei giorni nostri, capace di obbedire solo alle leggi del cuore, anche e soprattutto quando quest'ultime sono in contrasto con le leggi terrene. Consigliatissimo!
La tragedia vede la forte contrapposizione, che diventa scontro, tra il nomos di Creonte ed i nomima di Antigone, cioè tra giuspositivismo e giusnaturalismo, legge dell'uomo e diritto naturale. Ne deriva, così, un quadro altamente drammatico perchè da un parte c'è la legge della polis da ononorare, pena l'anarchia a danno della democrazia, e dall'altra c'è la coscienza che ha una dimensione talmente personale che anche il cittadino più fedele entra in conflitto con l'obbligo giuridico.
Recensioni
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Con l'intensa traduzione dell'Antigone sofoclea predisposta per la realizzazione scenica della tragedia, Massimo Cacciari compie un lavoro di attenta mediazione culturale tra quanto il teatro di Sofocle propone, a misura dalla Grecia dei grandi casati,e il teatro di oggi, che vuol essere di tutti e a tutti intende rivolgere il proprio problematico messaggio. "La parola che uccide" è, come Cacciari indica nelle pagine chiarificatrici dell'introduzione, la parola di Antigone che, nel richiamarsi alle leggi non scritte degli dei (ai morti, a tutti i morti, è dovuta sepoltura, anche a Polinice, che pure ha mosso le armi contro Tebe e il fratello Eteocle), "uccide" il potere delle leggi vigenti della città, "dichiarandole come nulla per sé". Del pari tremenda è la parola di Creonte, il sovrano razionalmente irremovibile nell'opporsi al pericolo dell'anarchia: con la condanna della giovane, egli pecca nel difendere il "divino nell'ordine politico" e precipita in un abisso di dolore, costretto a sopravvivere alla morte di Antigone, del figlio, della moglie. Una chiave di lettura e di indagine sulla forza della parola greco-tragica che, senza tono consolatorio, enuncia la verità della conoscenza restituita attraverso lo "spettacolo" della potenza dell'essere umano e dei suoi limiti: l'individuo non è misura esclusiva del reale. In chiusa del volume Walter Le Moli, nella sua Nota di regia, meditando sul significato del teatro tragico e sulla figura dell'attore-professionista di oggi che con quel teatro si confronta, e nel riflettere sulla rilevanza essenziale del linguaggio nell'Antigone, tale da imporre la ricerca di "nuove e più stringenti parole per recitare i versi antichi", precisa che ha approntato e diretto la messa in scena dell'opera sulla versione di Cacciari, in quanto versione capace di instaurare una comunicazione mai interrotta "tra il traduttore e la scena", al fine di dare voce contemporanea alle parole senza tempo di Sofocle.
Gabriella De Blasio
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