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Se si vuole ripiombare negli anni '70 questo è il modo giusto. La scrittrice non dà giudizi sul periodo storico nè sui problemi sociali ma ne fa una descrizione onesta e distaccata. Parte dalla vita di due famiglie e da due giovani che, scegliendo di convivere ognuno a modo proprio, attraversano in maniera drammatica quel periodo dissestato della vita italiana con tutti i crucci e i paradossi del tempo. In questo modo diventa un racconto quasi epico. Complimenti.
di come la tossicodipendenza distrugge le vite.
Ingredienti: una ragazza introversa nata in una famiglia fascista, un figlio ribelle di un avvocato comunista, due solitudini che si incontrano-accarezzano-feriscono, la vita negli anni ’70 carichi di inquietudini e sensi di colpa. Consigliato: a chi vuole una fusione intensa ed essenziale tra storia e sentimenti, a chi conosce quanto sia difficile tradurre in realtà i propri sogni e quanto sia facile tradirli.
Recensioni
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Gli anni al contrario è un romanzo di formazione che racconta un’epoca, quella dei “feroci” ultimi anni settanta, e una generazione, quella post-sessantottina, a cui era stato detto ripetutamente che era finito il tempo dell’attesa: quella rivoluzione tanto invocata doveva essere fatta. (…) Aurora Sillini, figlia del direttore del carcere cittadino, a tutti noto come? il “fascistissimo”, è una studentessa modello. Ama chiudersi in bagno per concentrarsi al meglio e avere “una stanza tutta per sé”, come quella rivendicata da Virginia Woolf. Grazie all’università la ragazza scopre “un intero mondo di manifestazioni e collettivi” e si trova catapultata nel “mercato delle idee”, dal femminismo al trotskismo, all’anarchia. Giovanni Santatorre è il terzogenito indesiderato di un avvocato comunista. Politicamente inquieto, tenta in ogni modo di mettersi al servizio della protesta. Tuttavia non riesce a entrare nelle formazioni clandestine: il suo unico atto “terroristico” è rappresentato da un attentato contro un mobilificio, che non produce alcuna eco significativa. Aurora e Giovanni, uniti soprattutto dal bisogno di dimenticare ciascuno “il proprio marchio di origine, il proprio cognome”, si conoscono, si amano, si sposano, hanno una figlia, Mara. Sono affamati di vita e di libertà, hanno un disperato bisogno di crescere, di emancipare se stessi e soprattutto, sia pure in modo alquanto velleitario, il mondo in cui vivono. Nel corso del romanzo (…) Terranova descrive il contrasto tra la generazione dei padri, devoti al partito e alla dimensione pubblica delle proprie azioni, e quella dei giovani che tentano di innestare su un indistinto internazionalismo proletario i loro brividi, senza avvedersi che il mondo non è più quello dei partigiani combattenti. Tuttavia, (…) Terranova si concentra più sui sentimenti e sui rapporti familiari, che sulle ideologie. Infatti le pagine più efficaci del romanzo sono quelle dedicate alle complicate dinamiche matrimoniali di una coppia formata da “due mari”, che non sempre riescono a fondersi. Scrive in una lettera Giovanni: “Dicevamo famiglia: io pensavo a costruire e tu a circoscrivere; dicevamo politica: io ero entusiasta e tu diffidente. Io combattevo, tu ti rifugiavi. Se non ci fosse stata Mara ci saremmo persi subito, ma almeno non avremmo continuato a incolparci per le nostre solitudini. Quando penso agli anni trascorsi mi sembra che siano andati tutti al contrario”. (…) È appunto la picciridda a dare luce agli “anni al contrario” dei suoi genitori, con la sua innocenza, con il luccichio dei “due occhi dalle enormi pupille nere”. Uno sguardo, il suo, che compendia una nuova generazione “con nuovi problemi, nuove droghe, nuove idee o forse nessuna”. Del resto, “i grandi non sono che bambini sopravvissuti”.
Recensione di Vito Santoro
«Non abbiamo mai usato lo stesso dizionario. Parole uguali, significati diversi. Dicevamo famiglia: io pensavo a costruire e tu a circoscrivere; dicevamo politica: io ero entusiasta e tu diffidente. Io combattevo, tu ti rifugiavi. Se non ci fosse stata Mara ci saremmo persi subito, ma almeno non avremmo continuato a incolparci per le nostre solitudini. Quando penso agli anni trascorsi mi sembra che siano andati tutti al contrario».
Gli "anni al contrario" sono gli anni Settanta, anni in cui due ragazzi innamorati giocavano a fare i grandi senza mai diventare adulti.
Come scrive Roberto Saviano "È una storia che pone le sue radici in una Italia di battaglie inconcludenti, vittorie e sconfitte che dalla politica e dalla società si ripercuotono sui corpi delle persone." Un libro dall'impatto fortissimo che colpisce il lettore esattamente come è successo per il libro per ragazzi Bruno. Il bambino che imparò a volare (Orecchio Acerbo, 2012), vincitore di molti premi, che Nadia Terranova ha scritto insieme all'illustratrice Ofra Amit e che descrive, con parole delicate eppure struggenti, la vita dello scrittore polacco di origine ebrea Bruno Shulz.
Con Gli anni al contrario Nadia Terranova esordisce nella narrativa per adulti, con una storia d'amore ambientata a Messina, che ha per protagonisti due giovani universitari, Aurora e Giovanni, che forse non riescono a reggere l'urto dei rivolgimenti sociali e culturali di quegli anni. Una scrittura evocativa e asciutta per un romanzo familiare che colpisce al cuore.
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