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«Tutto ciò che sapevo, allora, era che sarebbe diventato mio amico.»
Germania, 1933. Due sedicenni frequentano la stessa scuola esclusiva. Uno è figlio di un medico ebreo, l'altro è di ricca famiglia aristocratica. Tra loro nasce un'amicizia del cuore, un'intesa perfetta e magica. Riuscirà a non essere spezzata dalla Storia? Racconto di straordinaria finezza e suggestione, «L'amico ritrovato» è apparso nel 1971 negli Stati Uniti ed è poi stato pubblicato in tutto il mondo con unanime, travolgente successo di pubblico e critica. «Un'opera letteraria rara», lo ha definito George Steiner sul "New Yorker". «Un capolavoro», ha scritto Arthur Koestler nell'introduzione all'edizione inglese del 1976. «Un libro che assilla la memoria... una gemma», «Un racconto magistrale», hanno fatto eco "The Sunday Express" e "The Financial Times" di Londra. E infine "Le Monde" di Parigi: «Uno dei testi più densi e più puri sugli anni del nazismo in Germania... Tra i romanzi più belli che si possano raccomandare ai lettori, dai dodici anni in su. Senza esitazione».
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
In 86 pagine Uhlman ha concentrato tutto l'orrore ed il male dell'ideologia nazista, e lo ha fatto magistralmente attraverso i sentimenti profondi di due adolescenti che la vita ha fatto incontrare. Due mondi lontani anni luce ma che la forza dell'amicizia ha saputo alla fine unire e poi dividere nel divenire dei tragici eventi con un inaspettato finale, tragico ed al tempo stesso stupefacente. Capolavoro assoluto,
Breve romanzo, o, come dice l’introduzione, novella, che racconta circa un anno di vita del protagonista, che racconta la storia in prima persona. Dall’incontro con Konradin Von Hohenfels, all’inizio della loro amicizia, fino alla brusca conclusione, con la sua partenza per gli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni razziali della Germania hitleriana. Come dice l’introduzione di Arthur Koestler: «Centinaia di grossi volumi sono stati scritti sul tempo in cui i corpi venivano trasformati in sapone per mantenere pura la razza ariana, tuttavia credo sinceramente che questo smilzo volumetto troverà una sua collocazione duratura negli scaffali delle librerie.»
Primo di una trilogia (“Un’anima non vile” e “Niente resurrezione, per favore”), è un breve romanzo di un autore tedesco, di origine ebrea, costretto a lasciare la sua amata Germania a causa del nazismo. A quest’opera, che tratta di un’amicizia tra due sedicenni compagni di scuola, Uhlman affida il compito di rappresentare ciò che la bruta e insensata forza manipolatrice del nazismo significò per le vite e le relazioni dei giovani e molto di sé e della sua storia si può ritrovare tra queste righe (a partire dalla data di nascita di uno dei due protagonisti della vicenda). Due ragazzi si conoscono tra i banchi di scuola e, nonostante le loro diverse e opposte origini, stringono una forte amicizia. Lo stile è scorrevole e piacevole. Bisogna leggere questo libro perché è emozionante e coinvolgente; ci si immedesima totalmente nel protagonista e si vive un’escalation di sentimenti fino a giungere all’ultima pagina e restare stupefatti dall’ultima riga. Il finale non è banale ed è d’impatto. Nel libro sono trattate tematiche attuali: il razzismo, l’esclusione e i loro effetti; si mette in luce anche quanto i giudizi dei propri cari, del credo di appartenenza e le convinzioni radicate possano interferire nelle relazioni più sane, genuine e sincere. Si comprende quanto debba essere doloroso avere una patria, amarla e non essere accettati da essa. Sono sviscerate tutte le dinamiche anche psicologiche proprie dell’adolescenza e dell’uomo adulto. Sono presenti tutti i sentimenti: l’amore, l’amicizia, la rabbia, lo sconforto, la delusione, la paura, il coraggio. Questo breve romanzo è un gioiello; è un’enciclopedia delle passioni umane in miniatura, una tragedia greca (senza atti, senza coro, senza dialoghi), affidata al ricordo messo per iscritto da Hans, tedesco di origine ebrea.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Lo leggerete velocemente guidati dalla passione e dalla ragionevolezza. Il suo linguaggio ingenuo, introspettivo ma fiabesco, vi colpirà fin dalla prima riga. Parola dopo parola vi sentirete coinvolti in questa novella scorrevole ma intrisa del cattivo odore di un'epoca che non va dimenticata.
L'amico ritrovato è stato pubblicato nel 1971. Quando venne scritto, Uhlman aveva settant'anni e nessuno avrebbe scommesso un centesimo su di lui, almeno come scrittore. Conosciuto infatti più come pittore che non come letterato, l'artista di Stoccarda non avrebbe mai pensato che con un romanzo breve di appena novanta pagine sarebbe entrato nell'Olimpo della letteratura.
Un successo meritato o solo un riflesso? La domanda sorge spontanea, ma sono sicuro che dopo la lettura di questo libro converrete con la mia umilissima opionione: siamo davanti a un capolavoro.
La storia narra dell'amicizia di due adolescenti, Hans e Konradin. Il primo è figlio di un medico ebreo, il secondo è il rampollo di una nobile famiglia tedesca che ha simpatie verso il nazional-socialismo. Tra i due nasce una profonda amicizia, ma nel momento sbagliato. Infatti, tutto si svolge negli anni in cui la Germania sta cadendo preda del morbo antisemita.
Non vi svelerò più nulla della trama. Magari avete già letto questo libro, magari lo rileggerete proprio grazie a questo articolo, magari è la prima volta che ne sentite parlare, fatto sta che l'oggetto del romanzo è chiaro. Eppure ciò che più colpisce non è tanto il tema ma come esso è stato sviluppato. Prima di tutto non c'è una lettura pietistica e drammatica della questione ebraica.
Uhlman stesso è un ebreo, nato a Stoccarda nel 1901 e cresciuto in una famiglia agiata. Ha vissuto i terribili anni del nazismo e sulla sua pelle ha provato il dolore dell'emarginazione e del razzismo. Nelle sue parole però non scorgiamo né vendetta, né risentimento.
Sebbene Hans, figura dietro cui Uhlman si cela per raccontare le sue impressioni, sia costretto a trasferirsi negli Stati Uniti d’America per scampare alla persecuzione, rimarrà sempre impressionato dalla figura del suo amico Konradin. Verso di lui non prova odio, ma ne salva la figura.
L’amico ritrovato infatti è tutto incentrato sul ricordo. Hans-Uhlman racconta questa storia anni dopo la Seconda guerra mondiale. Ormai è vecchio, stanco, si è preso tante soddisfazioni negli Stati Uniti ma ha bisogno di riacciuffare l’innocenza che ha perduto nel 1933, quando il nazismo lo ha scacciato dalla Germania. Konradin quindi diventa l’immagine di quel momento spensierato e senza macchia, in cui la vita si guarda con speranza e il futuro ha il sapore della felicità. Ritrovare quell’amico nella memoria vuol dire ritrovare l’innocenza che per Hans è andata via troppo presto. Ed è per questo che egli non prova rancore verso Konradin, vittima del sistema e delle scelte della sua famiglia.
Ma è proprio nelle pagine finali di questo libro che verremo sconvolti. Il colpo di scena che ci ha preparato Uhlman ci viene somministrato con delicatezza. Il giovane Hans infatti per conquistare la simpatia di Konradin ha dovuto lottare molto, ha provato verso di lui un'ammirazione fuori del comune fin dal primo giorno di scuola. A distanza di anni, il vecchio Hans ancora la sente. Per lui Konradin è sempre stato speciale.
E sarà proprio il destino a confermare questa sua intuizione adolescenziale. Come? Lo scoprirete leggendo.
Recensione di Martino Ciano
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