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Anno edizione: 2019
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Il primo e incompiuto romanzo di Kafka, pubblicato postumo e ribattezzato "Amerika", si intitolava in realtà "Il disperso". E in effetti "disperso" da più l'idea della condizione nella quale si viene a trovare il protagonista Karl. Il nome del protagonista inizia con la K, non è un caso; sarà così per tutti i protagonisti dei romanzi di Kafka, quasi a sottolineare che questi personaggi altro non sono se non una delle tante incarnazioni dello scrittore. Karl è sopraffatto dalla vita e dagli eventi, in un continuo su e giù di emozioni e scossoni. Prima cacciato dall'Europa per una colpa alquanto blanda, poi accolto e salvato dallo zio americano, poi nuovamente abbandonato a se stesso, maltrattato e sfruttato da una coppia di mascalzoni. L'odissea di Karl sembra non avere un approdo, e non l'avrà, perché il romanzo non è finito e la storia di Karl resta sospesa nelle probabilità. L'ultimo capitolo, parziale, che ci è dato di leggere si intitola "Il teatro naturale di Oklaoma". E qui resto spiazzato, perché quest'ultima parte data in pasto a noi lettori lascia aperte molte possibilità sulla piega che avrebbe preso la storia. E' il capitolo più strano del libro, onirico direi, nel quale improvvisamente la storia volge al meglio, i peccati sembrano perdonati, nuove possibilità si aprono e inizia un nuovo viaggio con la promessa di un lavoro per tutti. Karl arriverà a un centro di reclutamento per il teatro, in un luogo che non sembra un teatro; un luogo dove tutti vengono sfamati e dove a tutti viene promesso un lavoro, qualsiasi siano le capacità di ognuno e senza tener conto della condotta di vita precedente. Si tratta di un luogo reale? O siamo in un sogno, in un mondo idealizzato dal protagonista? E' una svolta voluta o dietro si nasconde qualcosa? Si ha sempre l'impressione che ci sia del "non detto" e che qualcosa si celi dietro le tante buone speranze.
Un incredibile racconto picaresco sulla avventure dell'indifeso Karl Rossman, vittima di continui soprusi e di angherie, presagite già al momento dello sbarco nel nuovo continente, che appare tutt'altro che una terra promessa, quando osserva la statua della libertà con "la spada" (anziché la fiaccola) tesa in alto nella sinistra. Opera magistrale scritta peraltro in un italiano sublime, certo reso un po' arduo dalle frequenti ipotassi. Un racconto sulla vita e una rappresentazione potente anche in chiave ironica della tragedia dell'immigrazione.
Primo romanzo di Kafka, probabilmente il più piacevole da leggere, anche se quello, a mio giudizio, contenutisticamente più debole (manca qui la forza dei grandi temi Kafkiani dell'alienazione o della disperazione, che sono solo accennate nella forma di una dura ma risolvibile, seppur mai risolta, causa la prematira interruzione del testo, solitudine). Continuando a sostenere che il miglior Kafka sia quello dei racconti e che il suo più bel romanzo sia "Il castello", consiglierei comunque la lettura di "America", poiché si tratta in fin dei conti di un romanzo scritto molto bene e, come suggerito da Max Brod nel suo interessante saggio sull'evoluzione religiosa in Kafka - premesso al volume presente - è indispensabile per comprendere lo sviluppo del pensiero e dellla poetica di uno dei più grandi, se non DEL più grande, scrittore della modernità. L'edizione è buona; la traduzione apprezzabile, sicuramente più accessibile di quelle seppur oramai classiche del mitico Ervino Pocar; il carattere ben leggibile; i due saggi di Max Brod premessi al volume molto interessanti. Libro consigliato 👍
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