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Anno edizione: 2006
Anno edizione: 2006
Anno edizione: 2012
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un Montalbano davanti a scelte amorose in mezzo ai soliti problemi di omicidi.
Buono lo spunto iniziale, storia ben raccontata come al solito, ma questa volta un po’ esagerata nei suoi molteplici risvolti e nelle esagerate divagazioni, soprattutto politiche, che lasciano un po’ il tempo che trovano. Ma Montalbano è Montalbano e bisogna perdonargli tutto. Comunque da leggere.
Livello altissimo: da pendere a occhi chiusi.
Recensioni
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Un attesissimo ritorno per i tanti fan di Andrea Camilleri e per gli amanti del giallo: l'undicesimo romanzo con protagonista Salvo Montalbano, il commissario più amato d'Italia. La consueta felicità e facilità di scrittura di Camilleri si combina in questa nuova storia siciliana con uno splendido poliziesco, un racconto audace, ben congegnato, con quei rimandi all'attualità di oggi che ne fanno un giallo struggente e pieno di umanità con personaggi autentici e di grande spessore.
«Ci sono i consueti ingredienti delle inchieste del commissario Montalbano, in questo nuovo romanzo di Camilleri: i chiardiluna legislativi, i lorsignori della politica, i lasciti di un governo gaglioffo, la prolissa incompetenza dei superiori, le calandrinate verbali di Catarella; gli stranguglioni, le làstime, i teatrini, le esche bugiarde, e la sensualità golosa del commissario. Ma in una diversa ricomposizione, ora: attraversati come sono da un'insidia segreta, che viene dal retrosguardo abissale di un Montalbano che avanza nella gravedine degli anni ed è giunto alle «sabbie mobili» del suo celibato adultero con Livia; ed è incistata nell'infarto subìto dal senso della realtà, allorché i «mostri» sembrano mulini a vento, la «provvidenza» è un prestanome criminale, i campi d'accoglienza per gli immigrati sono dei lager, i sequestri di persona possono essere anche messinscene da operetta, e la «Buona volontà» costituita da anime cosiddette pietose è un associazione a delinquere specializzata nella tratta e nello sfruttamento delle nuove schiave. In una discarica è stato trovato il cadavere di una giovane russa, marchiato da un tatuaggio. La farfalla, tatuata sulla scapola della vittima, è una «sfinge»: una farfalla migratoria e notturna, come le nuove schiave. Montalbano, per risolvere il caso, dovrà «cataminarsi tra monsignori e anime devote», in questo romanzo improntato dalla matematica del doppio. Dalla sfuggente doppiezza della realtà, alla duplicazione dei casi, al bivio delle scelte, alla scissione della personalità, alle due ali apparenti della «sfinge» che di fatto sono quattro: come quattro sono le schiave-farfalle. La labilità irrequieta di Montalbano si esibisce in pantomime solitarie; nella dissociazione tra un io che tende a cedere agli alibi della vecchiaia, un secondo io che si oppone, resiste, e irride; tra la sensibilità ipotetica di un fauno e quella di un casto Giuseppe. Quando il commissario crede di essersi ricomposto nell'unità di una decisione, e si precipita all'incontro con la sua metà, la trama gli riserva una sgambata. E si divarica tra la corsa di Montalbano che va in una direzione, e la corsa di Livia che va nella direzione opposta. Come accadeva nei poemi cavellereschi di una volta; e nei romanzi ottocenteschi decisi dalla eterogenesi dei fini. L'architettura romanzesca ironizza su se stessa. Si diverte. E diverte. Malgrado tutto.»
Salvatore Silvano Nigro
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