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Anno edizione: 2011
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Calza nel momento giusto un libro come quello di Giambattista Scirè, il primo serio e documentato studio storico su questa vicenda. Le origini della 194 risalgono addirittura agli anni Sessanta, quando il deputato socialista Loris Fortuna e altri laici si propongono di rivedere il reato di aborto.Come per il divorzio, il fronte laico vede un protagonista incerto, i comunisti, che per diverse ragioni sentono poco la questione. Viene il Sessantotto e tutto cambia. All'inizio degli anni '70 sono i radicali a occupare la scena, mentre gli altri ordinamenti occidentali introducono delle leggi molto avanzate sull'interruzione volontaria di gravidanza. Poi ci sono i cattolici e la Chiesa: Scirè ne studia tutte le sfumature e le tendenze. E mostra una pluralità di voci (alcune persino a favore di un'eventuale legge) che può sorprendere il laico poco pratico del complesso mondo del cattolicesimo italiano. Mentre contro l'ipotesi di una legge sull'aborto si schierano anche figure insospettabili, come il socialista Lombardi. Nella seconda metà dei '70 agli sforzi dei radicali si aggiungono quelli del movimento femminista: e vogliono assai di più di un Loris Fortuna. Negli anni '60 si chiedeva la possibilità di abortire legalmente solo in casi ben definiti. Alla fine dei '70, radicali, estrema sinistra, movimenti femministi, intendono l'aborto come un "diritto della donna". Intanto la legge continua il suo faticoso iter. E non può non tenere conto di cosa avviene fuori dal palazzo. Deve concedere di più di quanto non facesse anni prima. Qui è centrale il ruolo del Pci, ben studiato da Scirè. La Dc sembra un gigante frastornato. Nel '78 senza successo vota contro (col Msi) la 194, ma non si muove molto di più. Timore di rompere con il Pci? Anche, ma non solo. Brucia la lezione recente del '74, la paura di mostrarsi minoranza culturale nel paese. Nel '81 si vota anche per altri quesiti. Ma il risultato è schiacciante: il 67% è contrario all'abrogazione della legge. Marco Gervasoni, il Riformista, 19-12-08
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