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"In quegli anni imparai a odiare la guerra... a comprenderne la illogicità, la imbecillità, la follia.". Oriana Fallaci guerreggiò a vita con la guerra, avendone visto le inutili e aberranti carneficine, le violenze impensabili, le stragi gratuite e programmate. "La vita è una guerra ripetuta ogni giorno" è un'autobiografia lineare, combattiva, schierata, mentre si ha voglia di piangere e di imprecare: perché le ingiustizie annientano e defenestrano solo gli anelli deboli della catena sociale. La scrittrice ripercorre le tappe salienti della sua carriera di giornalista-corrispondente di guerra; soffermandosi su alcuni conflitti che hanno maggiormente condizionato il suo amore per la libertà, ella impartisce lezioni di coraggio atti a gridare le ragioni contrastanti gli armamenti bellici internazionali. Così, di volta in volta, la si ritroverà a Budapest allorché tratteggiava una panoramica della rivolta del 1956, o a Detroit ai tempi delle rivolte razziali. Ma anche in viaggio verso il Vietnam, il Pakistan, e verso i pozzi petroliferi dati in fiamme durante la prima guerra del Golfo. L'ultimo capitolo lei stessa lo definì "un rapporto di guerra" dato che illustrava, giustappunto, "il rapporto tra due nemici che mirano a distruggersi, come alla guerra.". La guerra era quella temibile contro il cancro ai polmoni. Una guerra ventennale, e malvagia e bandita e prepotente. Una guerra silenziosa. E vittoriosa, per il cancro. "Mi dicevo: ce l'ho fatta la volta scorsa e ce la farò di nuovo. Be', ho perso la scommessa." ... "ma con una sorta di scommessa puntavo sul non-morire."
"In quegli anni imparai a odiare la guerra... a comprenderne la illogicità, la imbecillità, la follia.". Oriana Fallaci guerreggiò a vita con la guerra, avendone visto le inutili e aberranti carneficine, le violenze impensabili, le stragi gratuite e programmate. "La vita è una guerra ripetuta ogni giorno" è un'autobiografia lineare, combattiva, schierata, mentre si ha voglia di piangere e di imprecare: perché le ingiustizie annientano e defenestrano solo gli anelli deboli della catena sociale. La scrittrice ripercorre le tappe salienti della sua carriera di giornalista-corrispondente di guerra; soffermandosi su alcuni conflitti che hanno maggiormente condizionato il suo amore per la libertà, ella impartisce lezioni di coraggio atti a gridare le ragioni contrastanti gli armamenti bellici internazionali. Così, di volta in volta, la si ritroverà a Budapest allorché tratteggiava una panoramica della rivolta del 1956, o a Detroit ai tempi delle rivolte razziali. Ma anche in viaggio verso il Vietnam, il Pakistan, e verso i pozzi petroliferi dati in fiamme durante la prima guerra del Golfo. L'ultimo capitolo lei stessa lo definì "un rapporto di guerra" dato che illustrava, giustappunto, "il rapporto tra due nemici che mirano a distruggersi, come alla guerra.". La guerra era quella temibile contro il cancro ai polmoni. Una guerra ventennale, e malvagia e bandita e prepotente. Una guerra silenziosa. E vittoriosa, per il cancro. "Mi dicevo: ce l'ho fatta la volta scorsa e ce la farò di nuovo. Be', ho perso la scommessa." ... "ma con una sorta di scommessa puntavo sul non-morire."
"In quegli anni imparai a odiare la guerra... a comprenderne la illogicità, la imbecillità, la follia.". Oriana Fallaci guerreggiò a vita con la guerra, avendone visto le inutili e aberranti carneficine, le violenze impensabili, le stragi gratuite e programmate. "La vita è una guerra ripetuta ogni giorno" è un'autobiografia lineare, combattiva, schierata, mentre si ha voglia di piangere e di imprecare: perché le ingiustizie annientano e defenestrano solo gli anelli deboli della catena sociale. La scrittrice ripercorre le tappe salienti della sua carriera di giornalista-corrispondente di guerra; soffermandosi su alcuni conflitti che hanno maggiormente condizionato il suo amore per la libertà, ella impartisce lezioni di coraggio atti a gridare le ragioni contrastanti gli armamenti bellici internazionali. Così, di volta in volta, la si ritroverà a Budapest allorché tratteggiava una panoramica della rivolta del 1956, o a Detroit ai tempi delle rivolte razziali. Ma anche in viaggio verso il Vietnam, il Pakistan, e verso i pozzi petroliferi dati in fiamme durante la prima guerra del Golfo. L'ultimo capitolo lei stessa lo definì "un rapporto di guerra" dato che illustrava, giustappunto, "il rapporto tra due nemici che mirano a distruggersi, come alla guerra.". La guerra era quella temibile contro il cancro ai polmoni. Una guerra ventennale, e malvagia e bandita e prepotente. Una guerra silenziosa. E vittoriosa, per il cancro. "Mi dicevo: ce l'ho fatta la volta scorsa e ce la farò di nuovo. Be', ho perso la scommessa." ... "ma con una sorta di scommessa puntavo sul non-morire."
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