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Riletto oggi a distanza di anni, questo reportage mi è apparso ancora più unico per intensità di analisi e per stile giornalistico. Prendere in mano un caso di cronaca nera ed avere la capacità di metterlo sotto gli occhi del lettore in tutti i suoi aspetti sociali e psicologici costituisce un risultato apprezzabilissimo quanto raro, soprattutto per chi si accosta alla cronaca nera come settore significativo di conoscenza indiretta della società.
Premetto che non mi ero mai interessata a quel cupo dramma accaduto nella provincia lombarda.Sì avevo intravisto i suoi attori alla tv qualche volta.Quando ho finito di leggerlo mi sono sentita più sola, non in pericolo ma sola perchè un po' più consapevole di ciò che mi circonda.Siamo soli e tristi nella pianura padana, nel mio nord-est desolato dove molta gente non trova la strada.Che tristezza!Lo spiega bene Corrias.Lo consiglio..meglio di un giallo.Infatti molto spesso la realtà supera la fantasia degli scrittori.
E' stato il mio primo incontro con l'apprezzabile giornalista Corrias e per quanto appassionata di reportages su fatti di cronaca sono rimasta colpita dall'acutezza dello sguardo cronistico e dallo stile che a tratti scivola via come romanzo, o meglio collages di impressioni, considerazioni imparziali, riflessioni sulla nostra epoca e i luoghi dell'Italia che cambia (il fenomeno di massificazione e perdita' di identita' della provincia, molto ben delineato). Al di la' del caso umano celato dietro lo strage di Erba (e qui svelato quale duplice caso umano, che si annida tra le pieghe dell'esistenza di vittime e carnefici, in un gioco labile di "buoni" e "cattivi" alla fine senza vere linee demarcatorie),mi sembra un bellissimo spaccato insieme sociologico, psicologico, storico che non azzarda ipotesi giudiziarie ma coglie e fotografa il momento e la scena colletivi di un crimine apparentemente inspiegabile. Per poi dirci chi sono stati e di conseguenza chi sono i protagonisti, non cosi' lontani forse da chi in essi specchia la propria parte orrorifica; e le vittime, non cosi' lontane dalle tante famiglie borghesi e interraziali di oggi, con le loro contraddizioni. E' dalla loro apparente mediocre "normalita" che sembra balenare, ancor piu' sconcertante, cio' che Hannah Arendet definiva il carattere "banale del male".
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