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Una scrittura aspra, nervosa e autentica al pari del protagonista di questo romanzo, dietro le cui vicissitudini si legge in controluce l’autobiografia dell’autore, vero alter ego di Celio e solo testimone di un’esistenza che si fa simbolo di una terra sospesa nel tempo, in cui la solitudine, portata su di sé come una croce, sembra l’unico rimedio al contagio della miseria e del dolore.
«Mauro Corona è tornato al romanzo. E il suo protagonista questa volta è un uomo che al momento di dover essere definito in una parola si ritrova sintetizzato dall'autore in nulla più che "un niente". Ma mica un niente alla Musil, tutt'altro» - Paolo Foschini, Corriere della Sera
Rocciatore, taglialegna, scalpellino, minatore, apicoltore: chi è Celio? “Un niente” risponde lui, un semplice signor nessuno di un paesino sulle Alpi che è terra di nascita dell’autore. È lui a far rivivere Celio, a strapparlo all’oblio per renderlo personaggio vero, sfuggente, pulsante di idiosincrasie e contraddizioni. Insofferente alle persone fino alla misantropia, il protagonista si rifugia in se stesso, nell’ermeticità del dialetto ladino e nell’abbraccio ambiguo dell’alcol, che lo stringerà per tutta la vita, fino al delirio e alla morte. In Celio, conosciuto durante la problematica infanzia e quarant’anni più vecchio di lui, l’autore troverà un inaspettato mentore, una protezione dalle violenze perpetrate dal padre, una via d’accesso privilegiata ai misteri e alla saggezza della natura, rivelatasi solamente per lui. Nel racconto, Mauro Corona si riscopre bambino, mettendo nero su bianco le parole – sempre misurate, mai lasciate al caso – dell’anziano amico e compagno di bevute, alla ricerca delle radici di un male di vivere sempre scacciato e mai sopito, nel duro e apparentemente impenetrabile cuore da montanaro. Una scrittura aspra, nervosa e autentica al pari del protagonista di questo romanzo, dietro le cui vicissitudini si legge in controluce l’autobiografia dell’autore, vero alter ego di Celio e solo testimone di un’esistenza che si fa simbolo di una terra sospesa nel tempo, in cui la solitudine, portata su di sé come una croce, sembra l’unico rimedio al contagio della miseria e del dolore. Le uniche leggi e autorità riconosciute sono quelle della natura, al contempo madre e matrigna. Come il vecchio accendino a benzina, ereditato dal maestro, l’allievo tiene viva la fiamma del ricordo e fa luce sul potere dell’amicizia, rara e inafferrabile ma capace di farsi salvifica nell’ostilità e nell’indifferenza del mondo.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Gradevole romanzo, con varie riflessioni dell'autore sull'alcolismo
L'ultimo sorso - Vita di Celio - è un libro intenso dal sapore agro-dolce che deve essere letto come un bicchiere di vino: odorarlo, assaporarlo perfino masticarlo. Un romanzo che narra la vita di un protagonista, in cui, nella sue avverse vicissitudini, si scopre vittima e maestro - maestro e vittima allo stesso tempo. Un instancabile ricercatore di emozioni con il desiderio di imparare e di mostrare il suo valore per sfuggire alle tentazioni ingannevoli del vino e ai suoi tormenti interiori. L'ultimo sorso - Vita di Celio - il maestro Corona regala ai suoi lettori un libro, una storia, per riflettere sulla forza, devastante, della vita
Il libro parla della storia di Celio, un uomo speciale, laconico, animale di montagna come quelli che cacciava, della sua amicizia con il giovane scrittore, del male di vivere, del vizio di bere che lo porterà alla morte relativamente prematura. Uno spaccato della vita in montagna nella metà del 900, della gente di quei luoghi. Un bel libro. Bravo Mauro.
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