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Ambientato in America al tempo delle divisioni tra abolizionisti e schiavisti,il romanzo narra la storia della fuga delle Sorelle Honor e Grace in America. Rimasta sola quasi all'inizio del romanzo, Honor si ritrova in un mondo a lei sconosciuto, molto diverso dall'Inghilterra dalla quale proviene. Interessante la tradizione delle meravigliose trapunte create con pezzi di stoffa provenienti da diverse persone a ognuno delle quali è legato un ricordo. E' un romanzo coinvolgente, che come gli altri della Chevalier incanta e intrattiene con dolcezza e maestria. Si ha quasi l'impressione di essere catapultati in un'altra epoca. Il libro veicola un tema importante: la ricerca della libertà. Consigliato!
Come di consueto i romanzi di Tracy Chevalier hanno una ben precisa connotazione storica: "L'ultima fuggitiva" è ambientato nella seconda metà dell'800 e narra la storia di due sorelle quacchere che si imbarcano per l'America lasciandosi per sempre alle spalle la loro piccola comunità inglese. Una di loro va incontro ad un triste destino, la più piccola si ritrova sola in un paese straniero e con pochissime risorse al suo attivo per sopravvivere. Di nuovo l'autrice riesce ad immergere il lettore in un mondo di colori: ne "La ragazza con l'orecchino di perla" indugia sulla creazione delle brillanti tinte per la pittura, in questo romanzo sugli intrecci dei fili di una cucitrice di trapunte, sui fruscii delle stoffe, sui disegni evocativi che prendono vita sotto le dita di Honor e sul loro significato simbolico. Quello che a mio avviso la Chevalier sa fare meglio è proprio creare un alone di magia intorno alle sue protagoniste, esaltando la loro arte di creatrici di sogni.
Un romanzo che si potrebbe definire storico e non solo per la parte che riguarda la schiavitù dei negri e la comunità dei quaccheri quanto per i particolari sulle usanze e i costumi degli abitanti della regione dell' Ohio nella seconda meta' dell'Ottocento. Interessante il rito delle trapunte e del corredo.Ben tratteggiato i personaggi, anche se Donovan, il cacciatore degli schiavi, andava maggiormente approfondito. Scrittura fluida.Si legge velocemente e con piacere. Lo consiglio
Recensioni
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Quando Grace aveva deciso di accettare la proposta di matrimonio di Adam Cox, terribilmente eccitata all’idea di trasferirsi in America, tutti erano rimasti stupiti, ma ancor più li aveva sconvolti la decisione della sorella Honor di seguirla. Lei che non avrebbe mai abbandonato la sua amata Bridport se solo fosse stata in grado di sopportare lo sguardo compassionevole degli altri dopo la rottura del suo fidanzamento con Samuel, alla fine si era decisa ad affrontare la lunga traversata oceanica e a seguire Grace in Ohio. Honor sapeva che non sarebbe più tornata indietro, che una volta abbandonato il suolo inglese non vi avrebbe più rimesso piede, e sebbene tale consapevolezza le lacerasse il cuore restare le era ormai diventato impossibile.
Tuttavia, una volta sbarcate in America, durante il viaggio per raggiungere l’Ohio, Grace aveva contratto la febbre gialla, che l’aveva spacciata nel giro di qualche giorno. Honor si era ritrovata improvvisamente sola in quella terra sconosciuta, in balia di gente i cui costumi le risultavano inspiegabili e, anzi, il più delle volte le apparivano selvaggi e crudeli. Nell’America del 1850 l’uguaglianza sembrava solo un precetto religioso molto distante dalla realtà: la schiavitù era ancora in vigore e le taglie sui neri fuggiti dalle fattorie dei loro padroni erano altissime, al punto da scatenare una vera e propria caccia all’uomo. Questo aspetto della vita sociale sconvolgeva Honor almeno quanto il giovane Donovan, il cacciatore di schiavi più rude e sfrontato che avesse mai conosciuto, ma il cui sguardo era talmente profondo da toglierle il fiato. E, sebbene Honor avesse deciso sin da subito da quale parte si sarebbe schierata e a favore di chi avrebbe combattuto la sua battaglia, era altrettanto certa che non avrebbe più potuto ignorare la passione per quel ragazzo che tanto detestava nel comportamento ma che sentiva di amare profondamente.
Dopo La ragazza con l’orecchino di perla Tracy Chevalier ci regala un romanzo in cui il racconto del dolore e della sofferenza per il distacco da luoghi e persone amate si intreccia alla lotta per la liberazione degli schiavi d’America, in cui amore e impegno civile si scontrano, eroismo e crudeltà finiscono per confondersi così come vita privata e storia sociale. Ma l’autrice è maestra anche nel mostrarci quello spazio naturale della rinascita che a pian piano emerge dalle rovine del passato, il fiorire lento di una nuova esistenza che poco a poco si impadronisce dei luoghi a lei deputati. Passioni contrastanti tutte vissute nell’animo femminile della protagonista che seguiamo fino alla fine nell’evolversi dei suoi tormentati stati emotivi, descritti con il garbo e la finezza psicologica cui la scrittrice ci ha abituati.
Luoghi e tempi si impregnano come tessuti spugnosi delle persone che li attraversano, e nel momento in cui, per scelta o per obbligo, li si abbandona si finisce sempre per lasciarvi un po’ di sé. Se è vero dunque, per dirla con Edmond Haraucourt, che “Partire è un po’ morire”, “È un dolore sottile e definitivo/ come l’ultimo verso di un poema”, è altrettanto vero che al senso di fine che le partenze si lasciano alle spalle, quasi sempre segue lo spiraglio di una nuova vita: nell’Ultima fuggitiva Tracy Chevalier sembra suggerirci proprio questo.
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