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Partiamo dal principio. La nuova copertina della nuova edizione del libro è favolosa. La traduzione è quella corretta (ma lo era già nelle ristampe del 2011), salvo gli eventuali svarioni di DFW e due o tre tecnicalità di cui non vi accorgerete se non sapete già di che si sta parlando. Ma la cosa più bella del libro è la sua genesi. L'edizione originaria faceva infatti parte di una collana "Great Discoveries", pubblicata da Norton, nata come serie di biografie tecniche di scienziati. DFW non era un matematico, anche se aveva studiato abbastanza per poterne parlare con cognizione di causa, e questo lo si vede dal modo in cui approccia il tema, con una forte componente metafisica che in genere viene trascurata quando si arriva all'Ottocento. Ma era per l'appunto DFW, il che significa che il testo non è per niente lineare e parte per la tangente con le note NCVI ("Nel Caso Vi Interessi", in originale IYI, If You"re Interested) che naturalmente sono imprescindibili, e una serie di rimandi incrociati. Poi lo stile è al solito scanzonato, il che darà al lettore la falsa impressione che tutto sia facile nonostante i mille caveat nel testo. Diciamo che non credo che nessuno imparerà qualcosa sull'infinito leggendolo, ma tanto non era quello il suo scopo. Il libro non è un classico di DFW ma sicuramente è nel suo stile, con le 408 (!) note a piè di pagina e il misto di linguaggio elevato, quasi triviale e in questo caso pieno di abbreviazioni. Wallace non ci prende sempre del tutto con la teoria matematica - secondo me se ne era dimenticata un po' - ma la lettura è sicuramente indicata per capire cosa noi esseri umani abbiamo fatto per venire più o meno a patti con l'infinito matematico. Aggiungo una chicca per chi è interessato alla storia della matematica: questo è forse l'unico libro che io abbia letto nel quale viene spiegato perché Cantor si sia interessato ai numeri transfiniti, che non erano certo il suo campo di studi.
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