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Partito bene come ogni scrittore che ha una idea da sviluppare, poi si perde, non sa più come terminare e così termina il racconto senza concludere e lasciando il lettore insoddisfatto e con la domanda "E allora?". Considerando le poche pagine di scritto poteva impegnarsi di più e fare un buon lavoro ma così.... Se fossi Professore di Letteratura il mio voto sarebbe 5 meno meno. Ed è un peccato perchè i suoi venti anni negli anni 80 erano i miei ed in molte delle sue descrizioni mi ci sono ritrovato.
Un libro tanto decantato, per cosa? Io l'ho trovato di una scrittura banale, a tratti imbarazzante, forse all'epoca questo tipo di personaggio poteva piacere, e in effetti si fa piacere, ma soltanto in una prospettiva filmica, la letteratura è un'altra cosa. Comunque era il primo libro di Culicchia, e quindi può andar bene come esordio, dai. Se però sono così anche gli altri, bè, allora... vedremo con i prossimi che leggerò, così da avere un'opinione più obiettiva di questo autore.
Opera prima di Giuseppe Culicchia, torinese allora quasi trentenne, "Tutti giù per terra" rappresenta il debutto letterario del precario. Senza sicurezze, senza prospettive. Malgrado il romanzo sia del 1996, la figura del post-adolescente che non riesce a diventare grande è di un'attualità preoccupante. Walter, il protagonista, ha tanti nemici, tutti agguerriti: il padre ostile, la burocrazia saccente, i baroni universitari capricciosi, i ragazzi consumisti e superficiali, il mondo del lavoro in crisi. Ci sono tutti gli ingredienti per uno psico-dramma, e invece Culicchia sceglie uno stile leggero a cavallo tra l'ironia e il non detto alla Hemingway, così la lettura scorre veloce e si entra con facilità nella pelle di Walter e nelle sue ansie. Il servizio civile assurdo, inutile e interminabile diventa il simbolo di una vita che scivola via senza essere vissuta. Sarà per l'ambientazione torinese che mi tocca nel profondo, ma è un libro che consiglio a tutti.
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