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Titolo: Il tramonto dell'occidente. Lineamenti di una morfologia della Storia mondialeAutore: Spengler OswaldEditore: GuandaData: 1991 Guanda (Biblioteca della Fenice); 1991; 9788877465948 ; Copertina flessibile con risvolti; 19 x 12 cm; pp. LXIII-1513; A cura di Rita Calabrese Conte, Margherita Cottone. Introduzione di Furio Jesi. Traduzione di Julios Evola. ; Presenta segni d'uso ai bordi (piccole imperfezioni), interno senza scritte, volume lievemente brunito; Buono, (come da foto). ; È difficile trovare, nell'Europa degli anni venti, un'opera storica o filosofica che abbia avuto il peso e l'influenza culturale del Tramonto dell'Occidente. Immensa costruzione ideologica e mitologica, in cui una grande congerie di dati è ordinata in modo da costituire una struttura ciclica della storia, l'opera di Spengler ebbe una ricezione imprevedibilmente ampia; e il suo autore, da sconosciuto professore di provincia tedesco, divenne quello che si potrebbe dire un «filosofo di successo », Ma la portata del libro era in realtà così rilevante da assicurargli una vita duratura e da renderlo oggetto di analisi e di riflessioni in epoche e temperie culturali e politiche ben lontane ormai dal periodo che l'aveva prodotto. «Tutto ciò che passa è soltanto un simbolo, dice Spengler ricordando un verso del Faust, che ritorna come un leitmotiv wagneriano in Il tramonto dell'Occidente. (Citiamo dall'introduzione di Stefano Zecchi.) Ma anche, aggiunge, il movimento dell'esistere e del conoscere ha un significato se ha un valore simbolico. Spengler riabilita così i concetti di Simbolo e Destino che la cultura moderna ha deriso e avvilito, credendo di poterli sostituire con quelli di Segno e Progresso, più funzionali alla filosofia analitica e al controllo tecnico-scientifico dell'esistenza. Ma questo non significa che Il tramonto dell'Occidente possa essere letto come una tradizionale reazione allo spirito dell'Illuminismo, anche se proprio a questa interpretaz
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Opera fatale, se mai ve ne furono, questa è a mio parere l'ultima opera filosofica comparsa nel '900 (con al limite qualche eccezione per Heidegger ed Evola). Recensirla degnamente non è quì possibile, ma bisogna dare atto all'Autore dell'immenso lavoro di ricerca e sintesi fatto su una massa impressionante di dati relativi alle principali civiltà mondiali, senza mai cadere nell'eurocentrismo ma anzi riuscendo a tenere uno sguardo profondissimo sull'oggettività di ciascuna, valutandola nei suoi tratti essenziali. Su una concezione storica simile a quella di Hegel, in cui si sente respirare lo stesso Destino, e i singoli contano in quanto suoi strumenti, si innesta un'analisi erede di quella nietzscheana nel porre i problemi (e nel risolverli). Di suo, però, Spengler aggiunge una concezione globale delle Civiltà come veri e propri organismi viventi, facendo intuire l'esistenza di qualcosa di ben più titanico, profondo e oscuro delle semplici leggi deterministiche della scienza.Non per niente apprezzato da Kissinger, espone linee guida di pensiero politico spietate e senza possibilità di replica (come è un po' tutto lo stile del libro). Personalmente, ho trovato poi illuminante la cifra della civiltà occidentale, da Spengler individuata nella sete di espansione oltre ogni limite: difficilmente si sarebbe potuta trovare sintesi e chiave di lettura migliore, verificata ovunque, per poco che uno getti uno sguardo a qualsiasi periodo della vita culturale d'Occidente: dal pensiero filosofico alla ricerca scientifica, dall'espansione coloniale ai viaggi di esplorazione geografica, sino all'attuale proliferazione metastatica del potere finanziario. Un libro che, se letto e compreso, può cambiare la vita e il sentimento con cui ad essa si guarda. Con me lo ha fatto.
Questo libro è frutto di dieci anni di lavoro da parte dell'autore,è un autentico capolavoro.Si vede proprio la voglia di studiare e la serietà di tempi andati che impegnavano la vita intera di un pensatore.E' un libro che ogni filosofo dovrebbe aver letto almeno per curiosità una volta,a cui dovrebbe essere dato ampio spazio anche nei manuali scolastici di filosofia per i licei,perchè è un'opera che condivisibile o meno ha segnato un'epoca.
Non so se oggi ha solo valore speculativo/storico o anche pratico. Scritto in piena crisi Eu postww1 (1918-22), è influenzato dal nichilismo, alla ricerca di una filosofia della Storia attraverso l'uomo/Stato forte [eroe Carlyle/Michels, autoritarismi], l'antilluminismo, il recupero dei valori classici (religiosi e civili). La teoria è che esistono 8 civiltà principali che danno identità collettive [manca l'idea di svl di soc individualista] destinate a scontrarsi senza inferire [l'antropologia ha dimostrato il contrario], ciascuna poggia su un proprio principio metafisico (relig, ideologia politica) e nasce-cresce-muore come un organismo [neodarwinismo?]: il ciclo di vita dura circa 1000y, quella Eu circa è nata nel 800 e finirà nel 1800 [per caso confonde la crisi tedesca/Weimar con quella del mondo occidentale?]. Precorre molte questioni: il relativismo dei valori, ribalta [giustamente] Von Clausewitz (la guerra precorre la politica), prevede scontro di civiltà [ma Huntington vede inferenze]. Fa spesso affermazioni ragionevoli per il periodo: purificarsi, ritorno a radici sociocult, legame con i valori religiosi, identità dei singoli nel collettivo [cfr Hegel]; ma per la maggior parte mi sembrano asserzioni/generalizzazioni banali e/o irrealistiche (anche per allora). Tra le tante cose discutibili: un eurocentrismo (ed assenza di cfr con altre culture/civiltà) che svaluta tutto il resto; un'analisi scientifica della Storia per definire i criteri [filosof indefiniti] di giusto/sbagliato; il ciclo di vita delle società è temporalmente definito senza cura di relazionarlo alle distanze ed alla loro riduz relativa grazie alla tecnologia. Weber disse che Spengler era un dilettante ingegnoso e colto, e Popper disse che le sue teorie erano futili; credo che questo sia un libro che è quasi doveroso leggere se ci si interessa di Storia e/o Filosofia, ma arrivato alla fine di questa pesante lettura, mi rendo conto che credo più a Weber e Popper che al temuto Tramonto
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