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Giovannino Gentile, figlio del ben più noto "filosofo del regime", morì di setticemia nel 1942. Non aveva ancora quarant'anni. I necrologi scritti in quel momento, tra gli altri, da Amaldi, Sommerfeld e Timpanaro sr. saranno seguiti da più di un cinquantennio di oblio. Dopo questo lungo silenzio storiografico, rotto nel 1999 dalla voce redatta da Roberto Maiocchi per il Dizionario Biografico degli Italiani, Simoncelli dedica oggi alla figura del giovane fisico teorico un importante saggio, che si fonda su un'ampia base documentaria in gran parte inedita. Il curioso sottotitolo affianca Gentile jr. a Cantimori e Majorana: due amici, conosciuti alla Normale di Pisa e all'Istituto romano di via Panisperna, con i quali il giovane fisico teorico darà vita a un sodalizio epistemologico e politico progressivamente distante da quello degli "sperimentalisti" Fermi e Rasetti. Al fianco di Cantimori e Majorana, l'epistolario di Giovannino descrive peraltro un tortuoso percorso giovanile fascista, fra entusiasmi rivoluzionari e perplessità sulla retorica del regime, vissuto non solo in Italia, ma anche nella Germania weimariana e poi hitleriana, a contatto scientifico con Einstein, Heisenberg e Sommerfeld.
Decisivo è poi il 1937, data del concorso a professore straordinario per la cattedra di fisica teorica all'Università di Palermo, evento intorno al quale ruota la seconda metà del volume. Nel suo romanzo La scomparsa di Majorana, pubblicato da Einaudi nell'ottobre 1975, Sciascia sosteneva infatti una tesi singolare: Majorana non si era suicidato, ma era scomparso. E fra le cause di questa scomparsa erano da annoverare anche i risultati del concorso del 1937: dinanzi alla terna dei vincitori (Wick, Racah, Gentile jr.), già predisposta dalla consueta malavita universitaria, Majorana avrebbe deciso improvvisamente di concorrere, mandando all'aria i piani accademici organizzati da Fermi. Costretto a insegnare dall'intervento del senatore Gentile, interessato alla promozione del figlio, Majorana avrebbe patito di nuovo "il trauma di dover comunicare". Tanto da decidere di scomparire.
La ricostruzione di Sciascia, contestata a sua tempo da Edoardo Amaldi, susciterà una certa eco sulle pagine dell'"Espresso" e del "Corriere della Sera", pur essendo come dimostra efficacemente Simoncelli del tutto infondata. In realtà, il concorso del 1937 vide confrontarsi due "cordate" contrapposte: da un lato, quella accademica di Fermi, favorevole a Majorana, Wick e Racah; dall'altro, quella più "familiare" del senatore Gentile, a sostegno del figlio. La mossa a sorpresa, probabilmente frutto delle pressioni gentiliane, fu la nomina di Majorana per "chiara fama", la quale consentì a Gentile jr. l'ingresso nella terna. Dopo il concorso, a venti giorni dalla sua scomparsa, Majorana scriveva la sua ultima lettera a Giovannino: «Sono contento degli studenti, alcuni dei quali sembrano risoluti a prendere la fisica sul serio. Spero che ci rivedremo presto». Non era certo questa una manifestazione del "panico" teorizzato da Sciascia. Dal libro non scaturiscono, dunque, clamorose rivelazioni sulla scomparsa di Majorana. A emergere è piuttosto un ritratto sfumato di Giovannino Gentile, nel quale molto sembrano contare le ombre dell'influenza paterna.
Francesco Cassata
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