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Anno edizione: 2018
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Il dialogo tra i due scrittori inizia nel giorno del novantacinquesimo compleanno di La Capria, che da subito mette in luce le sue doti di eccezionale affabulatore: non scrive più, ma parla della vecchiaia, “che essenzializza ogni cosa”, della morte attesa con naturalezza, dell’illusione e del desiderio, del caos e dell’ordine che dominano il mondo. Quasi un secolo di amore per la vita, per la terra e per il mare, quel Mediterraneo “abitato dagli dei”, culla di tutti i miti e di tutte le civiltà che hanno plasmato la sua storia personale (“fui egizio fenicio greco, mi riconobbi nel senso del limite del bello e della forma, nell’aspirazione alla chiarezza e alla felicità”). Poeta in prosa, racconta episodi lontani: di traversate atlantiche che gli fecero scoprire la differenza tra lo spettacolo dell’oceano (grandioso, disumano e tremendo) e l’abbraccio confidente e materno con il mare di Napoli, il cui moto burrascoso, durante una nuotata estiva, gli aveva insegnato ad “abbandonarsi attivamente” alle onde degli eventi, senza opporre strenue e inutili resistenze, coltivando nell’anima una tranquilla e costante serenità, come quella che può dare una qualsiasi “bella giornata” di sole. La luce, infatti, gli appare tuttora il miracolo più misterioso e affascinante offerto quotidianamente dalla natura. Affettuosamente incalzato da Perrella, La Capria ripercorre gli anni dell’infanzia e della giovinezza, i primi amori e le esperienze più formative, i rapporti con la famiglia, il sesso, le varie case abitate, gli animali posseduti, la fede e l’impegno civile. I due scrittori confrontano poi le loro passioni culturali, discutendo anche di sport, e di una Napoli sempre splendida, anche nel suo irritante immobilismo sociale. Consapevoli che per comprendere e apprezzare la vita bisogna accettarne anche gli eventi più dolorosi e tragici, affrontano in conclusione il doloroso tema della vecchiaia, del declino delle forze, dell’inevitabile fine di tutto.
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