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il primo carvalho non si scorda mai....
non male, non mi ha appassionato eccessivamente, non è stato uno di quei libri impossibili da poggiare sul comodino fino alla sera successiva...però mi piace lo stile, e credo che ne leggerò almeno un altro della serie, per capire se ne vale la pena o no.
Che dire...il libro mi è piaciuto, molto. E' scritto molto bene e si fa leggere con grande piacere, però ero stato investito da così grandi aspettative da parte di tutti gli amici lettori di Montalban, che alla fine forse, nell'essere comunque bello, il libro è risultato una mini-delusione, e non me la son sentita di dare 5. Magari al prossimo...l'ho già preso
Recensioni
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MONTALB N, MANUEL V ZQUEZ, Tatuaggio, Feltrinelli, 1991
MONTALB N, MANUEL V ZQUEZ, Il centravanti è stato assassinato verso sera, Feltrinelli, 1991
recensione di Franco, E., L'Indice 1992, n. 4
(recensione pubblicata per l'edizione del 1991)
Ha una cinquantina d'anni. A un certo punto della sua vita è stato perfino iscritto al partito comunista. Correvano altri tempi: viene messo in carcere e torturato. Poi vince un posto come lettore di spagnolo in una università "mediocre" del Middle West. Qui viene contattato, come traduttore, da un ufficio informazioni del Dipartimento di Stato. Poi accetta di impegnarsi in missioni speciali di informazione e un giorno, guardandosi allo specchio, si accorge di essere un agente della Cia. Per questo conosce bene diverse lingue ed è un po' sempre di ritorno da tutti i luoghi. Dopo quattro anni lascia la Cia e in un momento imprecisato prende la licenza da private eye. Ora vive a Barcellona, zona Vallvidrera, sulla collina (m. 532) del Tibidabo. È una città che conosce e che ama molto. Una volta gli capitò di sfogliare, in un negozio di libri usati, un grosso volume sulla città, intitolato "Barcelonas": autore Manuel V zquez Montalb n, nome che aveva già sentito citare in un'antica e un po' fumosa conferenza.
I suoi pards sono: Charo, prostituta squillo, che sta "macerando un corpo che comincia a essere un po' troppo pieno", che sempre più spesso viene colta, nei suoi confronti, da "attacchi di risentimento e di richiesta di attenzione". È la sua donna. Forse un giorno... Bromuro, lustrascarpe e informatore, che arrotonda gli scarsi guadagni vendendo mazzi di carte con disegni pornografici e deve il suo nome a una sua personalissima teoria sulla attività dei poteri occulti: "Le dico che mettono il bromuro in tutto quelle che ingoiamo per non farci arrapare, così le donne possono uscire di casa tranquille. Che tristezza! Davvero una grande tristezza! Di donne ce ne sono così tante e noi abbiamo così poco per soddisfarle!". Biscuter, vecchio compagno di prigionia e ora precario maggiordomo tuttofare, "vinto dal momento della nascita". Enric Fuster, vicino di casa e amministratore delle sue incerte fortune, ma soprattutto testimone prezioso e abbastanza ignaro per incontri e cene delicati o addirittura pericolosi.
Porta spesso con sé, ma preferibilmente nel cruscotto della macchina, una pistola e, in qualche raro caso, un coltello a serramanico. Ha una biblioteca non indifferente, di libri, a quanto pare, tutti abbastanza già letti o sfogliati, ma come in un'epoca molto lontana della vita. Adesso, ogni volta che deve accendere il fuoco, passa qualche minuto davanti agli scaffali, poi sceglie un libro, spesso dal settore dedicato alla filosofia o da quello della stilistica e retorica, e lo dà alle fiamme. Se volete deluderlo, dite, come capita spesso alla gente che incontra, che mangiate per vivere e non il contrario. È infatti un gourmet di buon livello, in grado non solo di cucinare ottime cene, ma soprattutto di parlarne con lo stesso piacere con cui le degusta È capace di trovare un senso agli elementi culinari più anodini. È un ottimo conoscitore di vini. Un buon pranzo merita il suo posto anche nel succedersi più sfrenato degli avvenimenti. Ha detto una volta: "Sherlock Holmes suonava il violino. Io cucino". È disincantato come Marlowe, ma meno compromesso con Hollywood. E più colto e più impotente. Il suo nome è Pepe Carvalho.
Dal breve profilo "biografico" appaiono evidenti alcuni dei motivi del buon funzionamento del personaggio Carvalho e il gioco di maschere che con esso intreccia il suo autore, Manuel V zquez Montalb n, il quale ha dichiarato in alcune interviste di considerarlo come una pellicola fra se stesso e le cose. V zquez Montalb n infatti, è autore di saggi e romanzi di altro genere, storie di idee, racconti-conversazione e si è definito una volta come uno "scrittore d'intervento in una società letteraria fanaticamente astensionista". Come e con quali ragioni può nascere allora dalla sua penna un investigatore privato della più bell'acqua e, in aggiunta, non in modo occasionale, ma come epicentro di una serie narrativa che ridisegna in modo originale e colto, al limite della citazione, il genere del racconto poliziesco di consumo? Si può dire che il piccolo cosmo (narrativamente) organizzato di Pepe Carvalho viene adoperato da V zquez Montalb n come camera delle meraviglie attraverso cui poter traguardare la cronaca. Come in Chandler, il poliziesco è un filtro che permette di rendere esemplari e fra loro connesse quelle appercezioni della realtà che altrimenti finirebbero per giungerci sempre come indistinte, immerse nel flusso di piccoli errori che ci porge con costanza l'informazione quotidiana. Inoltre, è sempre il poliziesco ad ammettere e assolvere, come esigenza di genere, quello sguardo di disincanto, nostalgia e malinconia un poco cinematografici, che siamo pronti a concedere come ultimo vestigio del superuomo romanzesco, ma che ci risulterebbero irritanti e melodrammatici non appena venissero proposti al di fuori di precise coordinate di genere letterario. Quella di Pepe Carvalho è insomma una ballata, una canzone, di dopo la fine della modernità; ma anche le ballate bisogna saperle cantare.
Vediamo nei due casi che sono qui in questione. In "Tatuaggio" (1975), un cadavere sfigurato a dovere porta, appunto, tatuata sulla pelle la frase-citazione: "Sono nato per rivoluzionare l'inferno". Carvalho viene ingaggiato per svolgere le indagini da un tizio non troppo simpatico e non troppo losco. Andrà in Olanda, dove rischierà la vita, si perderà dietro piste di droga e prostituzione, ma alla fine dovrà tornare al punto di partenza e troverà la soluzione. L'orrore non ha bisogno solo di grandi industrie: si fabbrica in casa, fra le solite, care quattro mura. In "Il centravanti stato assassinato verso sera" (1988), il contesto geografico si restringe, ma quello sociale si amplia di molto. Si intrecciano più vicende. Le due fondamentali riguardano l'universo di eroi e martiri della domenica del Calcio. Una squadra di prima grandezza, con il suo bravo centravanti straniero e una squadra che qui da noi definiremmo di promozione o poco più, anch'essa con il suo fuoriclasse, ma alla fine della carriera stanco e abbandonato. Arrivano le minacce al centravanti, ma quale dei due Pepe Carvalho è solo una presenza che assiste da testimone più che da indagatore. In un universo uniformemente corrotto la partita fra vincitori e vinti è troppo ferreamente preordinata perché le sue sorti possano essere affidate all'ottimismo dell'eroe e all'investigazione del singolo. In questo senso il mediterraneo, "cattolico" Carvalho è assai lontano dal suo cugino anglosassone Marlowe: non porta via la bella, la bella non muore neppure. La bella è qui una ragazzina cattiva e sfinita dalla droga, specialista in "scopate letterarie", capace di esordire con: "Signore, intuisco che ha una torcia olimpica tra le gambe. Mi fa accendere?", salvo poi prendersi una sberla dal primo marinaio che passa. E a morire sarà uno dei pards di Carvalho, ma per cause tutto sommato estranee alla vicenda poliziesca, che, anche in questo e in quanto narrazione, conferma la caduta di un senso forte delle cose.
"Muoversi o essere mosso. Gli arrivò un'eco della sua perduta cultura che attribuirà a una poesia di Beckett che una volta gli era rimasta impressa. Questo non è muoversi. Questo è essere mosso". Così ragiona Pepe Carvalho, e V zquez Montalb n, con il suo investigatore, ci mostra la nostalgia (ricordo, riconosco, ma non posseggo più) del senso in un mondo che non riesce più a tenere insieme le proprie storie e il proprio racconto.
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