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molto bello e scorrevole
Una bellissima favola che ci mostra il valore dell'amicizia. È un libro poetico e commovente.
ho letto il libro all'età di 11 anni, e riletto a 30. La prima volta mi è sembrato bellissimo... le altre volte di più... Non è la semplice narrazione di una storia, Piumini narra le emozioni dei protagonisti: pittore, bambino e padre (che, nonostante sembra avere un ruolo secondario, è l'artefice dell'incontro degli altri due). il linguaggio è elegante, raffinato, delicato, ma anche fresco e sa stuzzicare la sensibilità e la fantasia del lettore. Il racconto è appassionante, e procede fluidamente(anche se il linguaggio può non essere subito immediato ai piccoli lettori). Il tempo scorre inesorabile, e giungiamo al termine della storia, che lascia si nel lettore un senso di vuoto e tristezza per la scomparsa prematura. Tuttavia l'autore, con tutta la sua sensibilità, ci prepara ad accettare questo destino:il bambino affronta la morte con dignità. Una favola per bambini che dovrebbero leggere gli adulti, un po' come Pinocchio. I punti di vista cambiano con l'età, perciò sarebbe interessante che adulto e bambino leggessero il libro insieme e insieme lo commentassero in modo tale che l'uno impari dall'altro, come hanno fatto i nostri protagonisti. Indubbiamente rimane uno dei miei libri preferiti.
Recensioni
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(scheda pubblicata per l'edizione del 1987)
scheda di Salvai, L., L'Indice 1988, n. 1
Nell'antica Turchia un pittore viene chiamato dal signore delle Terre del Nord ad affrescare le stanze del suo bambino che, colpito da un male misterioso, è costretto a stare rinchiuso, lontano dall'aria e dal sole. Il pittore e il bambino iniziano presto a lavorare insieme intorno a un grande progetto: dipingere sulle pareti una grande ed armonica metafora del mondo. Insieme al progetto, cresce l'amicizia fra i due protagonisti: l'incontro tra la pacata saggezza dell'adulto e l'inesauribile curiosità del bambino è fonte di occasioni sempre nuove di scoperta e conoscenza. Impegnati a tradurre in immagini la "verità" sul mondo che insieme vanno elaborando, i due si accorgono presto che ci sono dimensioni importanti e delicate della vita che l'affresco, con la sua staticità, non sa esprimere. Così, mentre si aggrava la malattia del bambino, le immagini si arricchiscono di nuovi particolari, si fanno sempre più vive e mutevoli, sempre più capaci di rispecchiare in un unico, armonico sguardo, il mondo nel suo divenire: il trascorrere del tempo, il mutare delle cose, il dolore, la morte. La metafora è allora completa e il pittore ha terminato il suo compito. La storia è affascinante e scorre quasi come una musica. Piumini è uno scrittore molto fine: la sua prosa ha toni e contenuti non certamente immediati. C'è da chiedersi se non sia troppo raffinata, troppo poco diretta e avvincente, per i lettori cui è destinata (bambini dagli otto ai dodici anni). Se non sia cioè una storia più adatta a incontrare il gusto di un adulto che quello di un bambino.
(recensione pubblicata per l'edizione del 1987)
recensione di Petrosino, A., L'Indice 1988, n. 6
Siamo in Oriente. Una strana malattia impedisce a un bambino undicenne Madurer, ogni contatto con il mondo esterno. Isolato dal mondo, dalla sua aria, dalla sua luce, dai suoi colori, e relegato nelle stanze asettiche del palazzo di suo padre, Madurer consuma la sua solitaria esistenza in una disposizione malinconica, se non infelice. L'unica idea del mondo entra in quelle stanze lucide e bianche attraverso le illustrazioni dei libri, che alimentano sogni e segrete aspettative.
Un giorno il padre invita a palazzo un pittore, Sakumat. L'uomo, con la potenza della sua arte, affrescherà le stanze del bambino, per circondarlo con le immagini del mondo che gli è negato.
Il pittore accetta. Ma non sarà un mondo fittizio e sdolcinato quello che prenderà corpo, a fatica, sulle pareti: oltre a contenere gli echi del mondo reale, esso si materierà dei sogni del bambino, delle sue aspirazioni, delle sue illusioni, ma anche della sua straordinaria saggezza e vitalità. L'uomo aggiungerà la sua maturità intellettuale e le risonanze delle sue esperienze. Dopo mesi di convivenza e di simbiosi, l'opera è cresciuta, ma senza mai avere l'impronta del definitivo perché i sogni di un bambino non sono mai definitivi, e le strade percorribili si moltiplicano a ogni schiarirsi d'alba.
Arriva però l'epilogo della vita del piccolo, che sfinito dalla malattia, si congeda dal padre additandogli il prato autunnale sulla parete della stanza e sussurrandogli col fiato che gli rimane: "Il prato ...Sai cosa prova?...Il prato sente una stanchezza felice... come quando si corre molto nel gioco...Tutto il prato si addormenta, vedi. Si sveglia al sonno, perché quando si è svegli, non è come il sogno di uno che dorme?".
Il pittore, invecchiato nel corso di quei mesi, si congederà anche lui dal padre del bambino, brucerà i suoi pennelli e si ritirerà, più saggio, ma si sospetta con più rassegnazione e disincanto, in una cerchia raccolta di amici, a fare il pescatore.
Sakumat. che "aveva l'età in cui gli uomini saggi sanno stare in amicizia con se stessi, senza perdere quella degli altri" (p.7), è in grado di capire i bambini e di stare con loro; Sakumat è l'uomo che ha fatto i conti con se stesso e che vive la propria solitudine non come una condanna, ma come la condizione più idonea per arrivare al cuore dei suoi simili e per decifrare le azioni degli uomini. È capace di non usare i bambini e di non lasciarsi usare: trappola quasi inevitabile nella quale si impantanano le forme abituali delle relazioni parentali e pedagogiche.
Ed è in virtù di questo esemplare atteggiamento che l'adulto riceve dal bambino tanto quanto lui stesso gli dà. Sulla soglia di un equilibrio psicologico già raggiunto, egli si apre a una visione ancora più profonda del vivere, ad una consapevolezza dei lati oscuri del destino umano, sui quali forse non si era ancora affacciato nel trionfo mondano della sua arte. Perciò si lascia appassionare e si abbandona senza remore a questa nuova ricerca, controllata dalla fiducia e dagli ultimi fuochi che consumano la vita del piccolo.
Questa partecipazione emotiva al destino del bambino si distende via via in una vera e propria preparazione comune alla morte. E, straordinariamente, è il bambino a reggerla con dignità e sensibilità. Il pittore, pur conservando la sua saggezza, esce da questa esperienza con una incrinatura immedicabile. La sua muta protesta, maturata attraverso la sofferenza e la morte di un bambino, si rapprende nella cenere dei suoi pennelli e nell'esilio volontario. Un libro di grande e distesa tristezza, certo.
Il tema della morte, così ingombrante per noi adulti, è quasi sistematicamente censurato dalla letteratura per ragazzi, dove semmai a volte si è guadagnato diritto di cittadinanza solo fungendo da ricatto morale ai danni del piccolo lettore.
Qui invece la sofferenza viene circoscritta nei limiti di un umanesimo reale che mette al bando ogni riferimento religioso e si abbarbica tenacemente al vincolo morale che ogni uomo ha col suo simile.
In tempi di compromessi di basso conio questo libro è un atto di coraggio e di fiducia, una risposta degna allo scempio generale che si fa dei bambini, scarrellati e sbaciucchiati senza tregua sui binari di ignobili spettacoli televisivi.
Un libro difficile per i piccoli? Può darsi. Ma perchè sottrarre ai bambini, d'arbitrio, una capacità di giudizio che in realtà ci intimidisce e ci rende più responsabili nei loro riguardi?
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