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Sicuramente encomiabile lo sforzo dell'Arslan nel continuare il percorso della memoria che ricorda l'immane e troppo spesso dimenticata tragedia del genocidio armeno. Le emozioni e le belle immagini non mancano, così come diversi sono i personaggi che si lasciano ricordare: un po' di confusione nella trama ed uno sviluppo narrativo non proprio fluido ridimensionano, però, il valore del libro.
Sicuramente Arslan non si smentisce! Ma "La Masseria delle Allodole" mi è piaciuto molto di più.
Voto alto anche per questo secondo libro della Arslan. L'ho letto tutto d'un fiato, immedesimandomi nei vari potagonisti, alcuni già conosciuti precedentemente. Nulla sapevo di Smirne e del suo incendio e questo mi fa essere ancora più vicino agli armeni e ai greci. Bravissima l'autrice, che si è finalmente ripresa dopo la brutta malattia di quest'estate. Le auguro ancora tanta vita e mi augur di poterla ancora leggere.
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I tre figli del vecchio Hamparzum, Sempad, Yerwant e Zareh, hanno avuto destini diversi. Hanno tutti lasciato l'Anatolia, la regione turca abitata da cristiani e la grande casa di famiglia, la Masseria delle allodole, per seguire il proprio destino. Sempad, il farmacista, subirà in prima persona lo sterminio attuato dal regime turco contro le minoranze cattoliche armene. I suoi figli maschi verranno tutti uccisi (tranne Nubar che si salverà solo perché travestito da donna), mentre le tre figlie femmine, insieme alla loro mamma Shunshanig e alla zia Azniv, si metteranno in viaggio per raggiungere Yerwant in Italia.
Il maggiore della famiglia, medico noto e affermato, vive ormai a Padova da molti anni dove ha sposato una contessa. I suoi due figli, Wart e Khayel, ricevono un'educazione all'occidentale e nulla sanno delle peripezie che in patria ha dovuto sopportare la famiglia di Sempad. Quando le cugine sopravvissute sbarcheranno finalmente a Venezia dopo un rocambolesco viaggio attraverso le isole dell'Egeo, i due mondi, quello agiato e perbenista italiano e quello dei mercanti e dei faccendieri variopinti del Medio Oriente si incontreranno. è dalla posizione privilegiata di una Venezia blindata, alle spalle del promontorio in cui i soldati italiani combattono una lunga guerra di posizione contro gli austriaci, che il dottore armeno e i suoi familiari cercheranno di ripristinare i contatti con la terra natia.
Attraverso lettere recapitate per miracolo e nonostante l'avanzare del conflitto, avranno notizie del fratello minore Zareh, l'unico che continua a vivere in Medio Oriente. Ed è sempre ad Aleppo, in Siria, che si trovano la lamentatrice greca Ismene e il prete ortodosso Isacco, che tanta parte ebbero nella salvezza delle donne della Masseria. Lì i pochi reduci armeni si nascondono come topi per le vie tortuose della città vecchia, mentre i bambini vengono accolti nell'orfanotrofio tedesco. Intanto in Grecia le potenze alleate hanno vinto e i capi del governo dei Giovani Turchi sono in fuga. A Costantinopoli la situazione politica è rovesciata e si prepara un tribunale speciale per i crimini di guerra, mentre a Smirne, la seconda città dell'impero ottomano, gli armeni sognano di fondare il loro Stato sovrano, dopo mille anni di persecuzioni da parte dei musulmani. Sognano. Yerwant, i suoi figli e i suoi nipoti, immaginano una vita normale nella "città degli infedeli", in un posto dove i mercanti fanno affari d'oro e gli stranieri di tutte le razze e le religioni si incrociano e convivono in pace. Una città spensierata e tollerante, proprio come le altre grandi metropoli del Mediterraneo.
Per tre anni i greci vincono sui turchi e gli armeni trovano la pace a Smirne, ma come avvenne a Pompei prima dell'eruzione del Vesuvio, nessuno si accorge che la grande catastrofe deve ancora arrivare.
A distanza di cinque anni Antonia Arslan torna a raccontarci l'epopea della sua famiglia e del suo popolo. Nel primo romanzo La masseria delle allodole - da cui è stato tratto un film dei fratelli Taviani - aveva raccontato il genocidio di un milione e mezzo di armeni in Anatolia, adesso ritorna sulla storia del suo popolo, che viaggia in cerca della terra promessa ma che incontra una nuova delusione. Una storia di uomini alteri e dignitosi, umiliati e trucidati, costretti a mendicare nei mercati di mezza Europa. Un romanzo carico della magia e della ricchezza che l'odio nazionalista e integralista non riuscirà mai ad estirpare dall'animo levantino, fatto di pensieri lucidi e struggenti, come un antico canto funebre.
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