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È più forte di me: più un autore è dimenticato e la sua opera messa da parte, più ne sono attratto irresistibilmente. Onore alle "Edizioni Theoria” che ha deciso di ripubblicare questo primo romanzo del 1926 di Georges Bernanos (1888-1948), il suo capolavoro, “[…] grazie al quale egli si impose come uno dei migliori narratori francesi del periodo fra le due guerre […]” (dalle note biografiche della prima edizione TEA del 1994). Ricordo che proprio nella vecchia edizione TEA del 1994, da me letta, era presente un’introduzione del “diffidente” Tommaso Gallarati Scotti, noto intellettuale di sensibilità "moderatamente" modernista che, tra l’altro, fondò la rivista “Il Rinnovamento” che venne all’epoca condannata dalla Santa Sede. Nell’anzidetta introduzione, il Principe di Molfetta, si chiedeva se il Bernanos avesse voluto, dopo il Fogazzaro, “proporre un esempio di santo immaginario da seguire”. Io ritengo che la figura drammatica del protagonista, l’abate Donissan, col suo tormentato rigore morale, si contrapponga letterariamente al “Piero” di Fogazzaro e rappresenti, in un certo senso, la componente più tradizionale della Chiesa cattolica, quella che fino al Pontificato di Pio XII aveva sempre prevalso nel segno della continuità millenaria. A mio avviso, qui Bernanos è un "anti-Fogazzaro" e questo suo romanzo religioso e “metafisico”, oltre che psicologico, lo consiglio particolarmente ai cattolici spiritualisti e tradizionali. mentre piacerà meno a razionalisti, atei e neomodernisti. L’edizione da me letta aveva l’elegante traduzione di Cesare Vico Lodovici, ma temo che ai lettori di oggi molti termini risultino vetusti per cui mi auguro che questa nuova edizione sia più accessibile. Una nota di curiosità: da questo libro è stato tratto un film del 1987, vincitore a Cannes, da titolo omonimo e con protagonista un giovane Gerard Depardieu. Io non sono mai riuscito a vederlo, ma all’epoca ebbe poco successo ed oggi è introvabile. Da leggere.
L'aspetto singolare del racconto è che esso sia privo di eventi eccezionali tanto che ad uno sguardo superficiale può sembrare che non accada nulla;invece l'abilità delllo scrittore sta nel mostrare come la quotidianità del protagonista dischiuda non la bruta dimensione dei fatti ma quella quasi religiosa del miracolo. Questa estasi del quotidiano ricca di rimandi simbolici e metaforici è l'eredità più significativa che l'autore lascia ai lettori d'oggi immersi in un mondo globale in cui il quotidiano è vissuto nel nome della produttività e della veloci
A pensar troppo al diavolo spuntano le corna, si potrebbe dire di questo romanzo. Bernanos ha un modo di ragionare estremamente ingarbugliato. Il confine tra bene e male è così sottile e sfuggente che a volte ci si perde. E' come sfogliare la margherita e perdere a metà il conto dei petali. Nel romanzo ci sono due protagonisti: nella prima parte del romanzo la protagonista è una ragazza sedicenne decisa a godersi la vita, ma che riesce solo a cadere dalla padella alla brace nei suoi amori e a illudersi di avere il controllo dei guai in cui si va a cacciare; nella seconda parte del romanzo troviamo il futuro parroco, giovane imbranato e volenteroso, dotato per i lavori manuali più che per gli studi, che mortifica la carne in maniera eccessiva, quindi sospetta,e che ha un dono particolare, di vedere il cuore dell'uomo. Questo dono non si capisce da chi gli venga se da Dio o dal diavolo. La distinzione tra bene e male sembra virtuale e illusoria, è così sottile che a volte ci si chiede se valga la pena cercare il bene quando è quasi impossibile riconoscerlo o impedirgli di cambiare volto all'improvviso come nell'ultimo mezzo miracolo. La volontà di bene dell'uomo non è sufficiente a metterlo al riparo dal male. Il romanzo inizia con la storia della ragazza, che sembrerebbe la protagonista: la ragazza è un personaggio interessante ma poi l'attenzione si sposta del tutto sul futuro parroco e la ragazza diventa un personaggio secondario e scompare con tutto il suo mondo. A me pare che lei e famiglia siano liquidati fin troppo sbrigativamente. La storia è interessante ma si fatica a seguirla e a tratti ci si perde nei meandri di quel contorsionismo morale, interessante ma complicato.
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