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Semifinalista al Premio Strega 2017
Nei giorni dispari della settimana Tommaso va a correre. Allena il fiato, svuota la mente. A trentasette anni ha un contratto a tempo nella redazione romana del Corriere della Sera, una fidanzata esigente, e una zia, Diana, della consistenza di una quercia, che l'ha cresciuto da quando, nel 1983, suo padre l'ha lasciato lì, davanti a casa, prima di scomparire nel nulla, nel bel mezzo di un temporale estivo. Già, perché i suoi genitori, Michele Musso e Alice Rosato, da quelle poche informazioni che ha, sono morti in un incidente, ed erano terroristi. A trentasette anni Tommaso è riuscito a costruirsi una vita normale, a non pensare più al suo tormentato passato. Ma quando una mattina il respiro gli s'ingolfa, e un dottore, diagnosticandogli un attacco di panico, gli chiede se sia figlio di quel Michele Musso, che lui ha incontrato a Grenoble nell'84, qualcosa si rompe, come uno strappo in una rete. Perché quella data fa tanto rumore? Quante versioni esistono della stessa cosa? In quale punto puoi ricucirle insieme senza sentire troppo male? Con la mano ferma di chi conduce un'inchiesta e l'eleganza espressiva di chi sa come raccontarla, Nicola Ravera Rafele compone un'opera sinfonica per restituire una vicenda familiare che comincia nel 1969 e arriva fino ai giorni nostri. Romanzo borghese, noir letterario, j'accuse generazionale, "Il senso della lotta" è un libro sul presente che fa i conti con il passato, una storia in cui la ricerca della verità ha un prezzo così alto che alla fine sarà difficile separare la salvezza dalla distruzione.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
"Nei giorni dispari della settimana Tommaso va a correre. Allena il fiato, svuota la mente. A trentasette anni ha un contratto a tempo nella redazione romana del Corriere della Sera, una fidanzata esigente, e una zia, Diana, della consistenza di una quercia, che l'ha cresciuto da quando, nel 1983, suo padre l'ha lasciato lì, davanti a casa, prima di scomparire nel nulla, nel bel mezzo di un temporale estivo. Già, perché i suoi genitori, Michele Musso e Alice Rosato, da quelle poche informazioni che ha, sono morti in un incidente, ed erano terroristi. A trentasette anni Tommaso è riuscito a costruirsi una vita normale, a non pensare più al suo tormentato passato. Ma quando una mattina il respiro gli s'ingolfa, e un dottore, diagnosticandogli un attacco di panico, gli chiede se sia figlio di quel Michele Musso, che lui ha incontrato a Grenoble nell'84, qualcosa si rompe, come uno strappo in una rete. Perché quella data fa tanto rumore? Quante versioni esistono della stessa cosa? In quale punto puoi ricucirle insieme senza sentire troppo male? Con la mano ferma di chi conduce un'inchiesta e l'eleganza espressiva di chi sa come raccontarla, Nicola Ravera Rafele compone un'opera sinfonica per restituire una vicenda familiare che comincia nel 1969 e arriva fino ai giorni nostri. Romanzo borghese, noir letterario, j'accuse generazionale, "Il senso della lotta" è un libro sul presente che fa i conti con il passato, una storia in cui la ricerca della verità ha un prezzo così alto che alla fine sarà difficile separare la salvezza dalla distruzione." Mi è piaciuta molto l'atmosfera che l'autore è riuscito a ricreare, insieme alla delineazione dei personaggi, in particolare quella dei due terroristi. Lo consiglio a chi vuole immergersi in maniera romanzesca in una delle pagine nere della storia del nostro Paese.
Un bellissimo romanzo che si incastra in un periodo oscuro della nostra storia contemporanea poco studiata e poco approfondita. Forse perchè chi l'ha vissuta, anche indirettamente, si è vergognato di quanto accaduto in quegli anni.
Buona ambientazione e buon ritmo narrativo. La storia è avvincente ed attuale e ben costruita attorno al personaggio di Tommaso ed alla sua ricerca di una identità e di un passato, attraverso la storia dei suoi genitori.
Recensioni
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Nicola Ravera Rafele è figlio d’arte. La madre è la celebre Lidia Ravera, co-autrice di “Porci con le ali”, romanzo che divenne emblema generazionale nell’Italia degli anni di piombo. Questo è un dato di grandissima importanza per comprendere i confini semantici entro cui si muove “Il senso della lotta”, un romanzo che si nutre dello scontro generazionale tra l’integralismo ideologico dei reduci del Sessantotto e l’apatia politica dei figli, gli eterni precari. Il ripudio della normalità degli uni contro la pacata sobrietà degli altri.
Il protagonista è Tommaso, un giornalista prossimo ai quarant’anni, a cui sta per scadere l’ennesimo contratto a tempo determinato. Il torpore in cui vive, forgiato di ozio e disincanto, viene abbattuto dall’improvvisa urgenza di indagare sul destino occorso ai genitori, terroristi vicini alle BR, dati per morti a metà degli anni Ottanta.
Poco motivato dal lavoro, con scarsissime prospettive in redazione, Tommaso si lascia così trasportare da un’indagine, sospesa tra reportage e poliziesco, dove il vero oggetto di studio non sta nello scoprire cosa sia realmente accaduto ai genitori, ma nella tracciatura del perimetro ideologico seguito da chi “lottava”. Il protagonista si avvicina ai vecchi amici dei genitori, che, orfani della lotta armata, da carismatici maîtres à penser si ritrovano ingabbiati negli uffici di facoltà o a fare la rivoluzione tra le comode mura delle librerie indipendenti del centro di Roma. Qui l’autore si mostra realmente a suo agio. Dei dialoghi penetranti intarsiano il tessuto connettivo delle pagine in cui si svolgono queste “interviste”, dei veri faccia a faccia tra passato e presente. Inevitabile pensare che almeno una porzione di queste conversazioni siano ispirate a dialoghi veri.
La penna dell’autore non risparmia colpi bassi nemmeno ai “figli”, questi ultimi raffigurati come idioti totalmente assorbiti dalle proprie debolezze e dalla tirannia di una sensibilità fanciullesca da preservare a tutti i costi, anche a rischio di non riuscire mai ad “uccidere” i propri padri e finalmente crescere, il vero verbo tabù.
Calandosi egregiamente nei panni del protagonista, con cui condivide età e background, Ravera Rafele costruisce un polar documentaristico, uno strano ibrido consigliato a chi ha già letto “La scuola cattolica”, con cui questo romanzo non condivide il retroterra dei protagonisti, bensì l’ambientazione, l’epoca e il gusto per l’indagine psicologica di chi è nato tra gli anni ’50 e i ’60. Per loro si prospetta un fertile decennio letterario di analisi spietate e dissezioni psicologiche. Chissà se è questo il modo migliore per uccidere i propri padri.
Recensione di Matteo Rucco
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