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la cosa più bella di questo libro... non sono sicura di averla travata! la storia, in realtà, è molto semplice, ma ci sono delle piccole perle. ad un certo punto, però, si perde... troppi ragionamenti, troppe elucubrazioni che a volte sembrano "puro esercizio per stupire". insomma, non vedevo l'ora di arrivare alla fine e non per curiosità.
Una storia d’amore devastante. La Nothomb secondo me non si smentisce mai.
Il padre dell'autrice, che era un diplomatico, venne trasferito dal Giappone a Pechino, dove restò dal 1972 al 1975. Quando l'autrice arrivò a Pechino, che era sotto il regime comunista della Banda dei Quattro, "una Pechino che puzzava di vomito", aveva cinque anni e questo romanzo è il resoconto degli anni che la Nothomb visse in quella città, rinchiusa, assieme ad un centinaio di bambini, anch'essi figli di diplomatici di tutte le nazionalità, nel ghetto di San Li Tun. Abbandonati a loro stessi questi ragazzini si divisero in due bande, per continuare la Seconda guerra mondiale, che, a loro dire, era stata conclusa in modo affrettato. In questa guerra dei bambini furono commesse vere e proprie crudeltà nei confronti dei bambini tedeschi, come quando li immergevano in un barile colmo della pipì degli Alleati. L'autrice eccelle, in questa guerra, in aggressività, cinismo, crudeltà e sadismo. Poi, un giorno arriva, nel ghetto di San Li Tu, un'italiana di sei anni; l'autrice resta fulminata dalla sua bellezza: "Era bella come un angelo in posa per una foto artistica...Il suo corpo epitomava l'armonia universale... Descrivere Elena declassava il 'Canto dei Cantici' a una lista da macellaio". "Da quel momento", scrive l'autrice, "il centro del mondo si situava fuori di me. E io facevo di tutto per andargli più vicino". Elena restò indifferente all'amore di Amélie, che per questo soffrì molto. Di quegli anni trascorsi nel ghetto, l'autrice ricorda il gran senso di libertà: "La libertà era trovarci finalmente abbandonati a noi stessi. Gli adulti non possono fare ai bambini regalo più bello che dimenticarli".
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