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Fra Julien Sorel e Jude l'oscuro, il passo è breve; ho trovato delle analogie, alla radice, con Thomas Hardy; forse Hardy, però, è più incisivo, più sanguigno e dinamico. La lettura scorre fluida, facile e, all'inizio, discorsiva e piacevole anche se quasi piatta. Però poi, verso la metà, al subentrare dei soliti balli, salotti, scaramucce amorose e sbalzi umorali, subentra anche la noia, nell'abbozzolarsi statico di un tira e molla sentimentale e i maldestri tentativi dell'ascesa sociale di un parvenu. Poca la tensione, l'attesa, l'energia in questa storia. La scrittura di Standhal è impeccable ed il suo sforzo di intrattenere encomiabile, ma forse troppo semplice e poco avvincente; sinceramente pensavo di ricavarci maggior soddisfazione. Proverò con La certosa di Parma.
In questo romanzo, enciclopedico come solo i grandi classici sanno essere, l'autore sviscera la parabola della vita di un giovane ambizioso mediante un'analisi squisitamente approfondita della psicologia dei personaggi -non a caso Nietzsche definirà Stendhal "l'ultimo dei grandi psicologi francesi". Una delle domande terribilmente attuali che la vicenda di Julien Sorel pone è:"Può un giovane di umili natali farsi strada nella società grazie alle proprie capacità?" Nel XIX secolo, del quale il romanzo è una "cronaca", la risposta è negativa. E oggi? La storia di Julien, giovane dominato dall'insanabile dissidio tra la razionalità dell'ambizione e le emozioni delle passioni umane, in cui nessuno stenta a riconoscersi, pone molte istanze la cui risposta non è mai scontata, che rendono questo libro non solo piacevole ma anche formativo.
"Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quello che ha da dire", diceva Italo Calvino ed in effetti "Il rosso e il nero" si presenta come una vicenda umana di straordinaria attualità. Come può fare un giovane dalla brillante intelligenza ad affrancarsi dal deprimente avvenire che il suo ceto gli riserva? Si tratta di una domanda che certo anche oggi molti si potrebbero porre ed è molto interessante lasciarsi condurre da Stendhal nella mente di questo idealista, ambizioso e cupo ragazzo della provincia francese del primo Ottocento. In effetti Stendhal trae spunto da un caso di cronaca per ritrarre la realtà del suo tempo come in uno specchio (per utilizzare una sua metafora): il denaro come valore morale, le ipocrisie sociali e l'invidia che da sempre la Casta degli arricchiti, dei privilegiati e dei cinici nutre nei confronti della gioventù e soprattutto dei giovani attraenti e alimentati da un segreto ardore che il mondo ed in parte loro stessi non riusciranno mai a capire. Al di là di questo, il romanzo presenta inoltre le attrattive del classico romanzo di formazione: Julien Sorel passa dalla provincia alla grande capitale con sorprendente rapidità, in una girandola di personaggi e situazioni che si susseguono rapidamente e lo trasformano in un dandy affascinante. I suoi amori sono cerebrali, paradossalmente frenati dalla sua stessa ambizione, che lo costringe a pensare machiavellicamente anche quando egli vorrebbe lasciarsi andare ai sentimenti. Il finale è dolce e struggente, perchè proprio quando perde tutto - e non dico di più per non spoilerare la vicenda - Julien è libero di far respirare il cuore, di amare, di poter pensare: "allora non me ne rendevo conto, ma ERO FELICE". Questa edizione presenta un notevole apparato critico, quindi la consiglio. In particolare, c'è anche una appendice che riporta il resoconto originale del processo ad Anthoine Berthet (il "vero" Julien Sorel) comparsa sulla "Gazette dex Tribunaux" nel dicembre 1827.
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